Non hanno brillato per acume politico, conoscenza della storia della destra europea, e neppure per “tecnica operativa”. Ma nonostante la stupidità, la “rete di protezione” a Verona è scattata immediatamente, relegando le loro malefatte alle sole cronache giudiziarie della stampa altoatesina. I fatti. [//] Quattro ragazzi veronesi di buona famiglia – e ancor più buone frequentazioni nelle stanze ovattate di Curia e Opus Dei – sono andati in vacanza in Alto Adige, a Tubre, località del Meranese ai confini con la Svizzera. Settimana bianca, come da copione. Il paese è piccolo, senza grandi velleità nazionalistiche – raccontano le cronache bolzanine – fatto com’è di pendolari nella vicina Confederazione appartenenti a tutti e tre i ceppi linguistici e nazionali: italiani, ladini e tirolesi. Pochi i locali dove ritrovarsi la sera. E proprio in uno di questi locali i ragazzi veronesi si fanno notare. Piccoli diverbi verbali, figli del testosterone e della birra. Nulla di grave. Poteva finire lì, fra una battuta e un’altra. Ma no, perché non organizzare invece una bella “Strafexpedition”, una spedizione “punitiva”? Così il gruppetto gialloblù segue sino a casa i ragazzi del posto e – con un certo sprezzo del pericolo… – appena gli altri vanno a dormire imbratta il muro con una scritta idiota: “A morte gli italiani che parlano tedesco”, firmato da una “tedeschissima” croce celtica. I ragazzi tirolesi la mattina, da bravi tedeschi, bestemmiano un po’ e ripuliscono il muro.
La sera stessa, seconda spedizione punitiva: di nuovo torna la scritta. Seconda passata di vernice per riportare il muro all’originale teutonica pulizia.
Terza sera consecutiva: i nostri eroi ritornano a infierire sull’indifeso muro. A questo punto, da bravi tedeschi, i ragazzi di Tubre si rivolgono all’Autorità, ovvero agli italianissmi Carabinieri, che puntualmente s’appostano nel buio.
E, altrettanto puntuali, la quarta notte di seguito, tornano i “bravi ragazzi” veronesi. Agli increduli militari non resta che fermare gli intrepidi eroi, riportarli in albergo, perquisire le stanza, ritrovare un po’ di paccottaglia neo-nazi e far scattare una denuncia. E poi convocare in tutta fretta i genitori. Il fatto nel Meranese fa notizia: prima gli estremisti di “Ein Tirol” a Merano s’accaniscono sulle vie intitolate a Giuseppe Garibaldi e ad Enrico Toti; poi 133 sindaci chiedono la “protezione” di Vienna; poi quattro cretini in vacanza minacciano di morte i bolzanini di ceppo linguistico tedesco. Abbastanza per una enorme lavata di capo (la prima dovrebbe essere quella del loro insegnante di storia…). Ma non troppo. I genitori decidono che passi la denuncia, passi la stampa di Bolzano, ma non l’immagine in Piazza Bra. Così rientrando a casa – e speriamo, fra uno scappellotto e un altro – chiamano “gli amici”. Un solerte amministratore pubblico viene incaricato di chiedere mercè ad un quotidiano cittadino. Grazia accolta, nessuna riga in cronaca. La faccia è salva. L’onore no, ma quello andrebbe spiegato a parte. Ci penserà un pretore…

L’Adige, 28 Febbraio 2006, pagg. 1 e 4