In questi giorni sulla stampa si leggono notizie interessanti sulle aziende partecipate dal Comune di Verona, purtroppo non lusinghiere sul futuro delle società, perché tutto quanto era stato promesso per rilanciarle nel mercato è stato disatteso ed ancora una volta si dice che in futuro saranno competitive.
Promesse che tutti sappiamo non verranno mai mantenute. [//]
Così è per AMT, che non è in grado di migliorare i servizi ed ha grandi perdite, anche se continua ad incassare soldi dalla comunità (Piano della sosta); AGSM alle prese con Cà del Bue, che non trova pace, anche se il Sindaco ha nominato un manager del privato, che avrebbe dovuto risolvere i problemi, non solo dell’inceneritore, ma anche dell’azienda, ma anche qui nulla di nuovo è accaduto. Siamo sempre soli e soletti ad affrontare il mercato che diventa sempre più aggressivo e le altre aziende ci tolgono clienti.
Il parco tecnologico, chiamato “Star”, è stato un fiasco e, giustamente, si dovrà chiuderlo, o fonderlo con qualche istituzione che ha idee, tecnologia, capacità di ricerca e possibilità d’investimenti. Il mercato ortofrutticolo, che doveva essere e diventare di nuovo il vero centro di scambi commerciali dell’Ortofrutta per il Nord Italia, se non d’Europa, vivacchia, ma non si ha notizie che decolli veramente e riesca a sanare tutto il pregresso.
Insomma dai grandi progetti ci si è fermati alla realtà del poco e, soprattutto, si pensa a come tirare avanti.
C’è però un’ eccezione felice ed è la Fiera, che dopo il periodo triste del commissariamento, ha avuto uno sviluppo ed una presenza in Italia, in Europa e nel mondo che nessuno si aspettava.
E’ riuscita ad imporsi ed a vincere battaglie con fermezza e ciò ha consentito che Verona Fiere sia oramai una realtà temuta da tutti. E’ stata una soluzione felice nella scelta del Presidente che, però, è ascrivibile alle banche veronesi socie della Spa, che sono riuscite ad imporlo togliendo di mezzo la politica impantanata nelle beghe dei nomi.
Ora la Fiera deve trovare la soluzione al suo assetto societario di gestione e d’investimenti per rispondere all’intraprendenza di Milano col nuovo centro fieristico di Rho, ed anche di Padova, che vorrebbe, o meglio, tenterebbe di essere un qualche cosa di alternativo a Verona e ciò non potrà essere, sia che governi la destra, che la sinistra, se si è amministratori saggi.
A marzo i soci della Fiera, e purtroppo il Comune di Verona è socio di maggioranza relativa ai fini dei voti, dovranno rinnovare il consiglio di amministrazione ed il suo Presidente; già abbiamo letto che i partiti vogliono quella sedia e, per dimostrare che contano ancora per le “careghe”, parlano di mandare a casa il Presidente che ha predisposto tutto per il grande ulteriore salto di qualità dell’ente, pensando così di fare loro bella figura.
Nessuno si preoccupa delle conseguenze di una simile eventualità, sia per il presente che per il futuro della Fiera; si pensa solo se la rappresentanza della Margherita e dei Democratici di Sinistra sia adeguata o meno alla loro importanza elettorale e quindi a quale dei due partiti spetti quella poltrona. Le necessità di Verona vanno in secondo piano.
Ci aspettiamo di rivedere il solito brutto spettacolo, che già Zanotto ci ha fatto vedere quando voleva piazzare la Sironi in Fiera.
Ora non è più quel tempo, ora c’è bisogno di continuità per la trasformazione della Fiera e mi auguro che le banche, anche questa volta, dicano la loro e pretendano la conferma dell’attuale Presidente, almeno fino a che non ci sarà il nuovo statuto e si sarà deliberato lo sviluppo della Spa per diversi anni, senza che il solito politico, senza lavoro, possa insediarsi in quell’ente e fare danno per accondiscendere ad una politica senza idee e programmi.

L’Adige, 11 Febbraio 2006, pag. 2