Doveva essere un evento mediatico, il grande scontro tra colossi, il rivelatore delle personalità ed il risolutore elettorale. Doveva evocare gli scontri all’americana tra Bush e Kerry. Ma tutto si è risolto in poco più di una pappa al pomodoro, noto piatto povero toscano, buono per tutti ma senza una forte personalità. In sostanza un confronto all’italiana, drogato dal meccanismo televisivo, più condizionato dai limiti che dalle regole, con l’ordine del giorno determinato dalle domande, sostanzialmente timide, dei rappresentanti della stampa. [//]
La stessa “identità politica” dei protagonisti ne risultava attutita, il messaggio programmatico, fosse di continuità o di innovazione, fortemente condizionato dai silenzi su tante cose importanti.
Certo nessuno voleva uno scontro sanguinoso, ma era inevitabile che gli spettatori andassero con la mente a fatti e situazioni che evocavano le cose omesse o che emergevano poco.
L’irritazione di Prodi “nell’Unione comando io”, non sostenuta del clima delle dichiarazioni dei vari alleati (da Rifondazione comunista, Comunisti Italiani, Verdi, Di Pietro, radical-socialisti ed altri), è apparsa frutto di consapevolezza delle future difficoltà, il tentativo di dimenticare il “de ja vu”, le esperienze e la crisi vissute nella precedente legislatura.
Berlusconi non accettava molto i limiti posti alla sua normale prorompente loquacità, il condizionamento temporale ma anche argomentativo che le stesse domande ponevano. Su temi fondamentali non ce ne sono neppure state: sulla politica della famiglia, sui Pacs e le adozioni, sui gravi fatti di Milano e l’ordine pubblico, sulla tutela della proprietà privata e della sicurezza personale, sulle vicende finanziarie e bancarie, sulla politica estera.
Alla fine, dopo la trasmissione, il clan berlusconiano avrà pensato che poteva andare meglio e quello di Prodi rifletterà, a bassa voce forse, sui contrasti innescati dal “qui comando io”, dal “Bertinotti è uomo d’onore”, (forse lo era anche quando silurò Prodi e non certo da solo), dalle richieste di un po’ più di sinistra di larga parte dell’Unione e dalla eccessiva disponibilità del leader verso la Confindustria e le categorie corporative. Naturalmente anche con Cgil e Coop.
Nulla si è detto sulle sinergie con la sinistra del grande capitalismo, del Corriere della Sera, della Stampa e altre testate, del mondo bancario e del sostegno della sinistra da parte dei “poteri forti”.
Prodi ha smentito i suoi anche sulle già dichiarate volontà di cancellare la legislatura berlusconiana da parte dei suoi sostenitori. E lo ha l’irritato l’accusa di essere un “front man”, uomo di facciata, che copre realtà assai diverse tra loro e con lui stesso.
Cosa dunque ha concretamente prodotto il grande scontro o incontro televisivo? Certo una bella e anche utile ripassata dell’azione del governo Berlusconi, densa di cifre che, nonostante le tesi di molti, sono comunque un utile condimento e lasciano indietro la genericità di certi discorsi puramente psicologico-politici.
In Berlusconi è prevalsa la linea informativa, in Prodi quella più genericamente contestativa, con appelli alla collaborazione tra le forze politiche, apparsi in verità assai poco credibili. Cosa collegava il dibattito apparso in TV con la ben diversa situazione della campagna elettorale, delle dichiarazioni al calor bianco con accuse reciproche pesanti e spesso ingiuste, con la virulenza dei vari Pecoraro Scanio, dei Rizzo, dei Diliberto, dei Caruso? Tutto il capitolo scandalistico è stato soppresso. Per accordo? Per comune autonoma volontà? E’ assai probabile che venga fuori al secondo dibattito in tutta la sua repressa virulenza. Per ora ci si è limitati alla prova delle spade, se ne è fatto sentire il rumore, ma niente di più. Colpa del sistema della par condicio? Della apparente moderazione del due leader, della corsa al centro verso l’elettorato che in situazione di sostanziale parità, diventa determinante in assoluto? Dei problemi che agitano soprattutto l’aggregazione di sinistra e che agiteranno, in caso di sconfitta, anche quella di destra? Per ora le carte sono rimaste sostanzialmente coperte, forse nascoste. In questo Prodi ha forse segnato un punto in più.

L’Adige, 18 Marzo 2006, pagg. 1 e 2