Enel è uno tra i principali protagonisti delle “grandi manovre” che stanno ridisegnando lo scenario energetico europeo. In un contesto economico-politico, in cui la società energetica italiana ha dichiarato la propria intenzione di diventare uno colosso europeo i temi sul tavolo sono l’approvvigionamento energetico, l’opa su Suez e l’alleanza strategica con la spagnola spagnola Gas Natural. Non solo. [//] Si tratta anche di capire, a fronte degli importanti investimenti fatti negli ultimi anni per la costruzione di nuovi impianti energetici, il perché si sia sottovalutato il settore gas, che sta procurando particolari tensioni politico-economiche tra i paesi fonritori. «Sul fronte dell’approvvigionamento energetico, – racconta a L’Adige l’avvocato Alessandro Luciano, consigliere di amministrazione di Enel S.p.A. – i players sono aumentati rispetto al passato, contendendosi le singole aree di attività: dall’elettricità al gas, dalla distribuzione all’approvvigionamento, raffinazione e stoccaggio».
E in questo quadro articolato, qual è la politica energetica di Enel?
Dopo il boom delle telecomunicazioni si sono sviluppati i business dell’energia e dell’acqua che domineranno gli scenari nei prossimi cinquanta anni. L’Enel sicuramente, dopo il rientro nel suo core business è in grado di continuare a svolgere un ruolo di leader sia sul mercato nazionale sia in quello internazionale.
È auspicabile una politica energetica nazionale più strutturata?
Ritengo che alla base delle operazioni di mercato che le aziede possono o stanno intraprendendo, ci sia una chiara politica energetica a livello nazionale. Una visione che superi le barriere locali sugli investimenti da adottare e che consenta la creazione su base nazionale di soluzioni per la rigassificazione, per lo sviluppo dell’energia eolica o per i processi di adozione del “carbone pulito”.
Dall’altra parte, se un sistema paese come il nostro avvia un processo strutturale del comparto energetico a livello nazionale è fondamentale che gli altri protagonisti europei abbattano le barriere alle entrate oggi presenti nei vari mercati nazionali. Questo significa che dalle telecomunicazioni all’energia, dalle banche al settore alimentare, tutti i paesi si devono porre in posizione di reciprocità, così come ha fatto l’Italia in questi ultimi anni con il processo di liberalizzazione economica e libera concorrenza sui mercati.
Il sistema di sviluppo e gestione degli stoccaggi di gas sta imponendo di ricercare nuovi fonti. Quali sono i possibili scenari di approvvigionamento?
Nel settore del gas per l’Enel è fondamentale poter costruire i rigassificatori, oggi ostacolati da molte regioni nonché continuare la propria penetrazione nel settore energetico e del gas non solo nei Paesi europei, ma anche in Russia, Cina e India.
Le operazioni economiche e finanziarie di questi ultime settimane possono davvero portare alla creazione di poli internazionali per l’energia o si rischia che prevalgano logiche di protezione nazionale e nazionalistico?
In queste operazionni, la Commissione europea deve affrontare i casi di barriere all’entrata poste da alcuni Paesi, ribadendo con forza la libera circolazione economica nei paesi che hanno aderito all’Unione Europea. Diversamente si ricreeranno i monopoli nazionali e cadranno i presupposti su cui si è costruita l’unità europea.
E allora come difendere, in sede internazionale, queste richieste di libero mercato?
L’attuale Governo, in un’intesa bipartisan con l’opposizione, sta svolgendo in questo periodo un grosso lavoro diplomatico, al fine di far rispettare gli impegni a suo tempo assunti dagli Stati membri.
Sul fronte interno si è lanciata un’ipotesi di possibile fusione Enel-Eni. Ritiene che sia realizzabile considerando che le due compagnie sono sì complementari, ma hanno anche delle aree di attività che le rendono dei competitori sul mercato?
Ultimamente si sono succeduti molti autorevoli interventi a favore o contro la fusione Enel/Eni. La mia opinione, è che il gigante che nascerebbe dalla fusione sarebbe oggetto di intervento antitrust sia nazionale che europeo che porterebbe alla dismissione di molti assets delle due società, quindi sono dalla parte di chi sostiene di mantenere le due società separate.
E se dall’estero dovesse partire un’opa su Eni. Lo vede come uno scenario possibile?
Dobbiamo prestare attenzione al fatto che la nostra attuale legge sull’opa presenta molte smagliature che potrebbero suscitare l’interesse di grossi gruppi stranieri e lanciare un’opa per esempio sull’Eni che porterebbe alla colonizzazione della nostra più importante azienda. Per evitare che ciò accada il mio auspicio è che in termini brevissimi il Parlamento rimetta mano a quella legge sull’opa, inserendo clausole più restrittive come già hanno fatto i più importanti Paesi europei.

L’Adige, 25 marzo 2006, pagg. 1 e 5