L’Unione Europea cambia, o meglio aggiusta il tiro e indica al futuro governo italiano le linee d’azione per sostenere lo sviluppo delle piccole e medie imprese. Criticata negli ultimi anni da singoli governi nonché dai cittadini stessi, che hanno manifestato il proprio disappunto nei referendum per l’approvazione della nuova Costituzione, incalzata dagli imprenditori, stanchi delle lentezze e delle indecisioni di Bruxelles, non certo sincronizzate con i dinamismi dei nuovi mercati asiatici, la Commissione Barroso cambia rotta e punta sulla competitività e sulle piccole e medie aziende e lo vuole fare “concretamente” come spiega in esclusiva a l’Adige Neelie Kroes, Commissario europeo alla concorrenza. [//]
Commissario, da tempo ormai l’Unione Europea sembra essere sotto assedio. Critiche sono giunte da tutti i settori della società europea su competitività, burocrazia e poca attenzione ai reali problemi dell’economia.
In questi ultimi anni si sono concentrate sull’Unione molte tensioni di cui la Commissione e il Parlamento intendono dare una risposta. Dobbiamo e vogliamo affrontare le nuove sfide, sarebbe irresponsabile non farlo. Siamo di fronte a cambiamenti strutturali che vanno accettati e gestiti. L’industria europea è in buone condizioni ma ha di fronte grandi sfide.
La commissione da dove intende ripartire per dare risposte concrete a questo nuovo panorama economico?
Dobbiamo rilanciare Lisbona, farlo assieme a tutti i governi, e al futuro governo italiano. Il protocollo non ha mai trovato una vera realizzazione a causa di lacune in due ambiti: quello delle competenze e quello delle responsabilità. Dobbiamo organizzare compiti e obbiettivi in modo chiaro, affinché non resti sulla carta ma diventi la vera politica dell’Europa. Quando fu sottoscritto il protocollo, erano chiari gli obiettivi da raggiungere: prepararsi a gestire i nuovi mercati come Cina e India e rilanciare la concorrenza con i paesi che più investono in tecnologia e ricerca come gli Stati Uniti.
Però il tempo rimasto per realizzare tutto ciò pare essere sempre più ridotto. Almeno così dichiarano governi e industriali.
Dobbiamo impegnarci tutti per dare risposte che sia di grande respiro ma anche concrete e immediate. Lo dobbiamo fare assieme istituzioni, governi e operatori economici. Dobbiamo dire no al protezionismo, ma non lasciare le aziende sole a gestire sfide troppo grandi e complesse.
La Commissione in questo si sta impegnando soprattutto su due fronti: abbattere la burocrazia e sostenere le piccole e medie aziende. Stiamo realizzando un Fondo europeo per la globalizzazione che servirà a sostenere gli imprenditori negli ambiti della penetrazione dei nuovi mercati e della promozione. Allo stesso ci stiamo impegnando per ridurre drasticamente la burocrazia. Vogliamo migliorare la legislazione europea, creando su ogni norma una effettiva verifica dei costi, dell’efficienza e quindi della competitività e dovrà avvenire anche a livello selle single nazioni. Questo con una particolare attenzione alle piccole e medie imprese, che non si possono permettere tempi e costi assolutamente fuori mercato.
Le piccole e medie aziende sono parte fondamentale del tessuto economico e produttivo italiano. Il suo è anche un invito al futuro governo Prodi di prestare attenzione alle Pmi?
Le piccole aziende sono la spina dorsale di numerose regioni d’Europa e l’Italia è certamente la prima tra queste. Le Pmi devono essere al centro della nostra attenzione e del futuro esecutivo italiano. Dobbiamo garantirne lo sviluppo perché creano valore aggiunto e posti di lavoro. Dobbiamo sostenerne la crescita ma anche il passaggio generazionale, momento delicato e spesso molto difficile. Dobbiamo inoltre, impegnarci per risolvere i problemi più importanti di queste: risorse finanziarie, capacità innovativa, informazione e comunicazione, accesso ai mercati. Per troppo tempo le Pmi sono state oggetto di discussione nei dibattiti economici, ma non sono state aiutate nel progettare piani di sviluppo concreti ad ampio respiro internazionale.
Un dato che preoccupa molto è il basso desiderio dei giovani di fare imprenditoria. Cosa ne pensa?
Secondo i nostri studi, la maggior parte dei giovani non reputa la carriera di imprenditore come primaria, tutt’altro. Dobbiamo sviluppare la voglia di fare impresa, correggere l’immagine dell’imprenditore, darne una dimensione umana. È fondamentale offrire agli studenti europei gli strumenti per fare impresa e la cultura d’impresa.
L’economia globalizzata corre molto. Abbiamo il tempo per fare tutto ciò?
Gli europei hanno la voglia e la forza nonché le capacità di vincere queste sfide. Siamo di fronte a rischi e pericoli seri. Ma l’Europa è forte.
L’Adige, 15 Aprile 2006, pagg. 1 e 6