Zanotto come Berlusconi; Veronafiere come Antica Babilonia
L’uomo, evidentemente, dev’essere fatto così: visto che una cosa funziona, la ripete all’infinito. Prima ha preso dal premier-operaio Silvio Berlusconi il caschetto anti-urto e si è messo a visitare cantieri e ad inaugurare ponti; poi, ha tolto dal piatto della prossima competizione elettorale la mina Fiera. Esattamente come Silvio che ha tolto la guerra in Iraq dall’agenda delle ultime elezioni, annunciando lui il ritiro e svuotando la retorica pacifista delle sinistre. [//] Paolo “Silvio” Zanotto ha fatto lo stesso: ha confermato Luigi Castelletti alla presidenza raggiungendo più obiettivi in un colpo solo. Ha tolto un candidato al Centrodestra; ha garantito le banche che dalla Fiera non arriveranno più bordate contro il dirimpettaio e traballante polo finanziario; ha tolto al Centrodestra un motivo di polemica, facendo la parte del saggio amministratore che guarda al bene degli enti pubblici e non alle opinioni politiche dei loro vertici. Alfredo Meocci (o Massimo Ferro) non potranno usare l’argomento Fiera in campagna elettorale e nei prossimi mesi Castelletti dovrà restare allineato e coperto dietro al suo azionista di riferimento. Certo, sarebbe stato difficile per Zanotto azzerare un vertice che ha riempito di soldi la Fiera grazie alle sue entrature nel Governo di Centrodestra (grazie in primis al dirigente Vittorio Di Dio) e che ha fatto il pieno all’ultimo Vinitaly. Ma Zanotto, affiancando Castelletti con un suo vice, può iniziare la “reconquista” di Viale del Lavoro. Un po’ lavoro di carta carbone e un po’ di strategia. Tanto che in molti si chiedono in città: è farina ancora del sacco di Giangaetano Poli o il sindaco ha cambiato stratega?