L’editoria veneta trema. La terra del miracolo economico italiano targato Nordest che ha sempre portato con sé un’importante tradizione nel mercato editoriale locale, fatto di quotidiani, settimanali e televisioni, oggi sta subendo l’aggressione di un colosso nazionale di Rcs, dei fenomeni di free press e da ultimo di Niki Grauso. Da quando sono entrati nelle città venete questi gruppi nazionali e internazionali (vedi gli svedesi di Metro) stanno traballando le posizioni acquisite con lungo e duro lavoro dalla stampa veneta. [//] Basta andare a vedere gli anni di fondazione dei principali quotidiani per capire la “solidità”, per lo meno temporale, di questi giornali: L’Arena fondato nel 1866, Il Gazzettino nel 1887, Il Giornale di Vicenza nel 1945.
«Il Veneto è stato ed è una terra prolifica di giornali, dagli storici quotidiani delle singole province ai settimanali e alle televisioni locali». Racconta a L’Adige Luigino Rossi, l’ex presidente de Il Gazzettino e socio di Telenuovo a Verona (ha lasciato nel giugno 2001 dopo oltre 18 anni al timone), industriale calzaturiero di spicco e uno dei pochissimi italiani a sedere nel board di una multinazionale del lusso. «I nostri giornali – prosegue Rossi – hanno raccontato storie tanto piccole, se pensiamo a livello nazionale o internazionale, ma quanto mai importanti soprattutto quando si trattava di sostenere la nascita e la crescita del sistema economico delle piccole e medie imprese».
Presidente, cosa sta accadendo all’editoria veneta?
È difficile capire e prevedere quale sarà il destino dell’editoria veneta.
Una cosa è certa: sono arrivati da fuori dapprima il colosso Rcs Corriere della Sera con il Corriere Veneto nelle sue edizioni cittadine, poi i free press che hanno invaso le strade e ora Niki Grauso. Ritengo che questa “invasione” sia stata generata dalle falle aperte nel nostro mercato editoriale con i numerosi momenti di crisi societaria ed economica che ha avuto Il Gazzettino negli ultimi anni.
Intende dire che il destino dei giornali veneti era tutto nelle mani o nella forza che poteva avere Il Gazzettino?
Sì. È chiaro che se andiamo a vedere quando è entrato in Veneto Rcs scopriamo che era il periodo “nero” del Gazzettino. Erano gli anni della rottura della compagine societaria del Gazzettino, anni in cui tradimenti interni e prese di posizione di alcuni soci, che avevano aderito al progetto Gazzettino solo per fare speculazioni, hanno portato una perdita del 30% delle copie vendute dal Gazzettino. Diciamo che erano gli anni della gestione arrogante del giornale, in cui traspariva molta miopia industriale e di gestione editoriale del grande progetto del Gazzettino. Quello è stato il tragico errore che ha commesso Il Gazzettino e che, allo stesso tempo, ha consentito a Rcs di trovare spazi per inserirsi nel nostro mercato.
Rcs non sarebbe mai entrata con Il Gazzettino in piena forma?
Quando al Gazzettino avevamo 9-10 miliardi di vecchie lire all’attivo nel bilancio di ogni anni, nessuno aveva il coraggio di entrare. Ogni volta che Romiti o Mieli ventilavano l’idea di entrare in Veneto noi rilanciavamo dicendo che eravamo disposti ad investire tutti i nostri soldi in attivo per far crescere ancora il giornale e non consentire loro di entrare. Eravamo leader indiscussi in Veneto e questo era chiaro anche al gruppo Rcs.
Quindi è stato facile per Rcs entrare con il Corriere Veneto nel momento di instabilità societaria del Gazzettino…
È bastato davvero poco perché capissero che Il Gazzettino era in crisi. A quel punto, con tutta la loro forza editoriale e industriale hanno sfruttato gli spazi lasciati aperti e sono entrati. Dobbiamo considerare che il Corriere della Sera stava già crescendo con le edizioni locali in Lazio e aveva la squadra pronta anche per sbarcare in Veneto.
Si ventilava l’ipotesi di un grande network tra gli editori dei maggiori giornali veneti. Che ne è stato?
Era stato fatto un progetto editoriale molto importante per l’intero Triveneto, che partiva da Trieste con Il Piccolo, il Messaggero Veneto di Udine, passando da Venezia con Il Gazzettino, Vicenza con Il Giornale di Vicenza, Verona con L’Arena, il trenino con L’Alto Adige fino ad arrivare a Brescia.
Era un progetto studiato nei minimi particolari, fatto di interscambi di azioni, e che comprendeva anche i network televisivi. Non era di facile realizzazione, anche se era stato approvato più volte e da più parti, ma poteva essere un progetto che avrebbe creato il più grande network nazionale. L’idea era di costituire un forte blocco industriale in grado di raccogliere pubblicità su tutto il territorio nazione e allo stesso tempo si sarebbe potuto scoraggiare chiunque a penetrare il mercato del Nordest.
Invece?
Nulla di fatto… Oggi la situazione la definirei ibrida ma allo stesso tempo fluida, nel senso che c’è e ci sarà ancora per qualche anno una forte competizione. L’ago della bilancia potranno essere le strategie del nuovo editore del Gazzettino, Caltagirone. L’importante è che Il Gazzettino non si voglia isolare ma che rilanci l’idea del grande network veneto-friulano-trentino. Con l’isolamento e una visione miope si rischia di perdere nel giro di qualche anno il 30 % delle pubblicità di raccolta nazionale.
La mossa da giocare in questo momento è l’unione?
Se il Veneto non saprà unirsi sarà sempre più invaso da giornali nazionali e televisioni private più agguerrite. Serve un editore “illuminato” che vada a raccogliere consensi su fusioni, aggregazioni o compartecipazioni, altrimenti la situazione per gli editori veneti sarà davvero difficile. Sicuramente stanno reggendo bene il colpo quelle realtà locali minori, intendo dire quelle con strutture molto snelle e con una gestione economica capace di invertire in fretta la rotta qualora il prodotto editoriale non dovesse raggiungere i successi sperati.
E i free press o Grauso non centrano in questa partita?
In realtà i free press sarebbero in ogni caso entrati nel nostro mercato, era impossibile fermarli anche con un network forte perché essi hanno strutture centrali e qualche collaboratore per le edizioni locali, quindi costi bassi e facilità di penetrazione nei mercati.
Per quanto riguarda Grauso, a grandi linee, vale il discorso dei free press. Lui è un editore scafato che ha progettato scientificamente questo modello di giornale che sta sui limiti del free press e della stampa tradizionale. Anche per lui costi bassissimi per le edizioni locali e il grosso della squadra è accentrato in una grande unica redazione.
Ritiene che ci sia qualcosa da recriminare alla stampa veneta?
Posso dire una cosa, che mi veniva recriminata anche negli ultimi anni al Gazzettino. Manca la relazione tra cronaca economica e sistema economico. L’economia presente nel Veneto fatta da micro industrie, piccoli imprenditori, commercianti e professionisti non trovano spazio nella stampa locale. Nelle pagine economiche della stampa locale deve essere presente il sistema economico locale.
Dobbiamo ridurre gli spazi dedicati all’economia e all’alta finanza nazionale e internazionale, è troppo lontana dalla realtà locale. È fondamentale invece parlare di problemi economici locali, di raccontare cosa sta accadendo al nostro sistema produttivo.
Inoltre, non solo imprese, ma dobbiamo parlare di tutti quelli che operano a vario titolo nell’economia e per l’economia. Mancano le grandi inchieste, e quando ne troviamo una spesso è affrontata a spot, manca la continuità nel raccontare ciò che accade.

L’Adige, 20 maggio 2006, pagg. 1 e 6