L’aumento dei tassi d’interesse al 2,75% da parte della Bce era atteso e i mercati si erano in realtà già adeguati. Infatti, dal precedente rialzo della Bce di marzo, ad oggi gli indici Euribor, che rappresentano il costo del capitale nel breve periodo, sono gradualmente aumentati di 0,30 – 0,40%, anticipando, e addirittura superando, l’aumento di 0,25% deciso dalla Banca Centrale. [//]«Il mercato – commenta Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline e Prestitionlinegià – scommette su futuri ulteriori aumenti nei prossimi mesi, ed è lecito attendersi almeno uno o due ulteriori interventi sui tassi entro la fine dell’anno».
Questa dinamica impatta sui finanziamenti che le famiglie stanno rimborsando e su quelli di nuova accensione. L’effetto sui crediti personali in essere (prestiti personali, carte revolving, cessioni del quinto dello stipendio) sarà in realtà molto limitato, dato che la quasi totalità di questi finanziamenti viene erogata a tasso fisso.
«Chi dovesse richiedere un nuovo prestito potrebbe – prosegue Anedda – invece ottenere tassi meno convenienti di prima, ma va detto che neanche i precedenti aumenti della Bce hanno portato a un aumento dei tassi sul credito al consumo, almeno da parte degli istituti primari e più competitivi. Meglio quindi confrontare prima le offerte, e soprattutto evitare di sottoscrivere prestiti con finanziarie poco note e di scarsa trasparenza. Per quanto riguarda invece i mutui, per chi ha un tasso variabile, considerando l’attuale mutuo medio (120.000 euro), un aumento di tasso dello 0,25% comporta un incremento della rata dai 13 ai 17 euro, a seconda della durata del mutuo».
L’aumento complessivo di 0,75% operato dalla Trichet da novembre a oggi ha significato finora un aumento della rata media mensile di 40 – 50 euro, e si può prevedere un ulteriore aumento complessivo di almeno 25 – 35 euro da qui a fine anno. Nulla cambia per chi, invece, ha un mutuo a tasso fisso. Va però tenuto presente che negli ultimi dodici mesi la differenza di partenza tra un tasso fisso e un tasso variabile era di 1,5 – 2% a favore del variabile, e che negli anni precedenti tale differenza era ancora maggiore (fino a oltre 3 punti percentuali). Quindi, chi ha acceso un mutuo a tasso variabile sta tuttora risparmiando notevolmente rispetto a un tasso fisso, e ha ancora ampio margine di vantaggio anche in previsione di futuri aumenti dei tassi.
«Certo, la regola fondamentale per chi sceglie un tasso variabile – conclude Anedda – è quella di non limitarsi a valutare la rata di partenza, ma di considerare i possibili andamenti futuri dei tassi e i loro effetti sulla rata, in modo da non dover affrontare aggravi imprevisti di spesa sul bilancio familiare. Inoltre, un ulteriore margine di risparmio si può ottenere scegliendo il mutuo dopo un ampio e approfondito confronto tra un numero elevato di offerte: da una banca all’altra la differenza di tasso, a parità di tipologia e durata, può anche superare l’1%, il che significa dai 50 ai 70 euro in più al mese se non si sceglie il mutuo giusto».

L’Adige, 10 Giugno 2006, pag. 6