Caro Direttore, legga quanto ci dice la Cassazione:[//] Il diritto di critica riveste necessariamente connotazioni soggettive ed opinabili quando si svolte in ambito politico, in cui risulta preminente l’interesse generale al libero svolgimento della vita democratica. Ne deriva che, una volta riconosciuto il ricorrere della polemica politica ed esclusa la sussistenza di ostilità e malanimo personale, è necessario valutare la condotta dell’imputato alla luce della scriminante del diritto di critica di cui all’articolo 51 c.p. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza 19509 del 4 maggio 2006, annullando la condanna per diffamazione inflitta dal Giudice di Pace di Milano ad un giornalista free lance, il quale nel 2003 si era rivolto a Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio dei Ministri, proferendo al suo indirizzo le seguenti espressioni: «Fatti processare, buffone! Rispetta la legge, rispetta la democrazia o farai la fine di Ceausescu e di don Rodrigo». La Suprema Corte ha inoltre precisato che la critica può esplicarsi in forma tanto più incisiva e penetrante, quanto più elevata è la posizione pubblica della persona che né destinataria. Pertanto, letta l’ultima precisazione, quanto “incisivo e penetrante” potrò essere in futuro nei confronti dei magistrati di Cassazione, del Presidente della Repubblica e persino del Papa? Cordialità. Massimo C. Denominatore