L’incriminazione e l’arresto di dirigenti dei servizi segreti è diventata una mina vagante, nel già periglioso percorso del Governo, unite dal permanere delle “fughe di notizie” coperte da segreto e dalle intercettazioni, fatte dalla Digos nei confronti dei servizi segreti.[//] Come ha detto il Ministro degli Interni Amato, c’è da essere allibiti. Un tempo si parlava di sicurezza dello Stato, interna ed internazionale e i servizi segreti erano i veri protagonisti di quella tutela. La cronaca e la storia sono piene di spionaggi, rapimenti, doppie e triple fedeltà quando non di peggio. Durante le guerre dichiarate, vi era la ricerca di cifrari, di collocazione di sommergibili, di spostamenti militari, di informazioni su armi nuove e speciali ed aveva reso i servizi segreti la vera arma vincente. Con la guerra fredda, nucleare e tecnologica, l’intelligence era diventata più sofisticata, scientifica, gestibile a distanza dalle due coalizioni. Basti ricordare la vicenda dell’U2, aereo spia americano e tutte le vicende di spionaggio, soprattutto nella Berlino quadri partita, incrocio di tutte le trattative, i rapimenti, gli scambi di spie e di informazioni. Il quadro politico internazionale giustificava tutto: irregolarità, violazioni di norme, licenza di uccidere. L’implosione sovietica ha cambiato il quadro internazionale, ha modificato l’entità delle contrapposizioni, la loro evidenza e “legittimità”. I servizi segreti sono sempre fuori dalla legge ordinaria, o comunque soggetti a leggi speciali, a procedure particolari e con poteri anomali. Ciò ha sempre consentito irregolarità, prepotenze, abusi: sempre in nome della sicurezza dello Stato, spesso veramente, talvolta non proprio. C’è sempre stata la giustificazione della guerra, calda o fredda che fosse. Certo i servizi non sempre hanno brillato per comportamenti assolutamente rivolti alla sicurezza dello Stato e talvolta si sono occupati di questioni interne in modo poco edificante. Ma non pare essere questo il caso. Mai comunque, abbiamo immaginato i servizi segreti popolati da viole mammole e gestiti da ingenui o impreparati ufficiali, rispettosi delle regole comuni. Altrimenti che servizi sarebbero? Quando vengono nominati i loro capi, si pensa, si presume, si spera che vengano scelti i più esperti, i più abili, i più freddi, i più capaci anche di sporcarsi le mani, ma nell’interesse del Paese. In tempo di pace quest’interesse viene sottovalutato, considerato meno urgente; per difenderlo non sembrano necessarie le “regole della irregolarità” e del salvacondotto. Per questo forse non ci scandalizza se i capi dei servizi vengono “intercettati” dalla Digos e dai magistrati dell’accusa, arrestati come delinquenti, interrogati sui segreti della loro attività. Non possono certo resistere all’unico potere vero del nostro Paese che è la Magistratura: potere vero e puro giacché, anche se dovesse sbagliare, non risponde ad alcuno. Ma sarebbe così se fossimo in guerra, se ci fosse ancora il contrasto USA-Urss, se si parlasse ancora di missili in Italia e di difesa comune? Certo che no. In tempo di pace le azioni irregolari o illegittime non hanno la concreta ed affettiva protezione della ragion di Stato, dell’interesse superiore del Paese. La collaborazione con i servizi americani della famigerata C.I.A. -in tempo di pace- è dunque da perseguire pesantemente, per la violazione di norme che tutelano tutti i cittadini, e quindi anche i mullah ed i possibili e reali nemici, espressione del terrorismo internazionale, che forse, in futuro, con qualche sentenza, sarà dichiarato ufficialmente esistente. Già, ma chi ci assicura che siamo in tempo di pace? Il contrasto USA – URSS è stato sostituito da quello più pericoloso con il terrorismo islamico, che non ha la sua patria in uno Stato, per di più, può abitare vicino a noi; che non usa le divise per farsi riconoscere, anche perché non colpisce solo gente con la divisa. Che inoltre lo fa convintamente, in nome di Dio e della sua ricompensa, che usa gli strumenti della segretezza, della illegalità, della sorpresa, degli attentati nelle metropolitane o sugli aerei. Chi l’ha detto che non siamo in guerra? Certo ci andrebbe bene che le mani se le sporcassero solo gli altri, naturalmente per difendere anche noi; e naturalmente i soliti americani! In queste vicende si esprime tutto il contrasto tra le esigenze della morale e quelle della politica, dell’essere e del dover essere, del giusto e del necessario. Ed è qui che uno Stato esprime la capacità di governo, la valutazione degli interessi prevalenti, le conseguenze delle decisioni, su quanto l’interesse superiore della sicurezza possa essere giustamente limitato dalla tutela di pur legittimi diritti individuali. La guerra dichiarata, come quella dei giapponesi a Pearl Harbour con l’aggressione dell’11 settembre, sembra essere dimenticata: anche qui hanno pagato i soliti cittadini americani, che poi -sempre più incapaci di capire il mondo- sono andati a fare la guerra in Afghanistan e cercano, con l’intelligence di evitare, dopo quelle di Madrid e Londra, altre brutte sorprese. Devono i servizi di altri Paesi alleati collaborare con loro? Ma, se lo Stato non provvede alla tutela del lavoro dei propri servizi, è compito di un pur capace Pubblico Ministero farsi carico di problemi di questa entità?