Il caso dello scorporo di Telecom potrebbe aprire anche a un nuovo fronte nel mondo delle Tlc. È di questo parere Stefano Quintarelli, presidente dell’Associazione italiana internet provider, che in un’intervista apparsa su Affari Italiani dichiara:[//] «La vendita di Tim non è l’unico scenario possibile per Telecom Italia. Potrebbe anche avvenire una vendita della sola rete di telecomunicazioni». «Il fatto che si stia ipotizzando questa opzione – commenta Paolo Errico Amministratore Delegato della società veronese di telecomunicazioni Multilink – non è casuale. È da anni che gli operatori alternativi a Telecom Italia auspicano e chiedono uno scorporo della rete d’accesso. Un disegno industriale di questo tipo andrebbe a eliminare le dissimmetrie che ci sono oggi sul mercato tra Telecom, che svolge il duplice ruolo di operatore commerciale e soggetto proprietario dell’infrastruttura di telecomunicazioni nazionale, e gli altri operatori privati». Se questo dovesse accadere, la società che ne deriverebbe «potrebbe essere un soggetto indipendente – aggiunge Quintarelli – le cui quote andrebbero divise tra Telecom Italia e gli altri operatori Tlc attivi in Italia, che porterebbero in dote le proprie infrastrutture. Lo Stato potrebbe a sua volta essere presente nella società o garantire una corretta gestione attraverso un rafforzamento delle Authority». Quello che ipotizza il presidente dei provider italiani è una società partecipata dai principali gruppi Tlc italiani, in un colpo solo si porrebbe al riparo da qualunque problema regolamentare e attirerebbe con facilità gli investimenti necessari all’innovazione tecnologica. «A questo punto – conclude Quintarelli – la nuova società diventerebbe un bene collettivo, da trattare davvero come un asset di interesse nazionale. Inoltre, così non ci sarebbe una duplicazione delle infrastrutture, infatti tutti i gruppi Tlc puntano ad avere reti efficienti nei grandi centri, a svantaggio delle aree periferiche». Quello dell’infrastruttura di telecomunicazioni è un caso aperto fin dal momento della privatizzazione di Telecom. La dorsale infatti, è un asset sul quale la compagnia telefonica sta facendo il bello e cattivo tempo, soprattutto nei confronti dei nuovi operatori di Tlc. «Il monopolio sulla rete d’accesso – continua Paolo Errico di Multilink- ha costretto gli operatori privati a dotarsi di reti proprie, con investimenti non irrilevanti, per bypassare l’ultimo miglio di proprietà Telecom». Cosa significherebbe, in termini di competitività per i provider privati, accedere alla dorsale nazionale alle stesse condizioni di Telecom? Per gli operatori privati ci sarebbe un vantaggio immediato e un opportunità per tutti di competere con gli stessi mezzi. L’attuale rete nazionale se fosse gestita da una società partecipata da tutti i gruppi di Tlc, consentirebbe meno dispersione sugli investimenti per la creazione di reti parallele a quella attuale. Ritiene verosimile un riassetto societario di Telecom Italia secondo questo modello industriale? C’è un caso internazionale, quello di British Telecom, che dimostra la bontà di questa ipotesi. Infatti, la compagnia telefonica inglese ha scorporato la parte commerciale da quella di gestione e proprietà della rete, alimentando nel paese una maggiore competizione tra operatori. Avere una rete comune per un paese come il nostro è a vantaggio di tutti, provider e utenti, e può sostenere un sistema economico nel suo processo di crescita. La rete condivisa potrebbe portare a una riduzione delle tariffe per gli utenti? In realtà, con la liberalizzazione nel mondo delle telecomunicazioni avviata in Italia già da qualche anno, ha portato a una forte riduzione delle tariffe di telefonica fissa e connettività Internet. Non c’è dubbio però, che la rete condivisa ridurrebbe i costi di creazione, aggiornamento e implementazione delle reti che devono sostenere i provider non Telecom per offrire servizi avanzati competitivi di telefonia e connettività agli utenti.