Master vicini a imprese
Il nuovo master in Economia e Finanza organizzato dall’Università di Verona è un esempio di interazione tra mondo economico e accademico[//]. La presentazione è stata l’occasione per fare il punto della situazione sui master con il direttore del dipartimento di scienze economiche, il professor Federico Perali. Con lui abbiamo affrontato il rapporto master e imprese, cultura e internazionalizzazione del business. L’ateneo veronese è in fermento e sta cercando, attraverso numerose iniziative, di proporsi agli occhi del pubblico sotto una nuova luce. All’interno di questo grande disegno si posiziona anche l’ammodernamento dell’offerta formativa, consistente in master di primo e secondo livello, che sta portando avanti il Dipartimento di Scienze Economiche (DSE). «Il DSE – spiega a L’Adige il professor Federico Perali, direttore del dipartimento – offre due master di secondo livello. Il primo, già affermato, in Project Management e il secondo, di carattere internazionale, in Economia e Finanza, che sarà attivo dal prossimo anno». A supporto di queste proposte formative si inseriscono i vari centri di ricerca quali il CIDE (Centro Interdipartimentale di documentazione economica) per le banche dati, il CHILD (Centre of Household, Incombe, Labour and Demographic Economics) per la famiglia e il lavoro, SAFE (Centre of Studies in Actualiars and Financial Economics/Engineering) per quanto attiene i servizi all’impresa e la finanza e SPERA (Centro Studi sulle Politiche Economiche, Rurali e Ambientali) per ciò che concerne il territorio, l’ambiente, lo sviluppo locale e internazionale. «Tutte queste realtà, già riconosciute a livello locale ed estero – continua Perali – sono in rete con altre università, allo scopo di condividere e implementare la conoscenza. Inoltre le tecnologie hanno permesso di collegarsi in parallelo ad un calcolatore centrale da qualunque altra postazione (anche da casa), sopperendo ai problemi logistici dell’Università». Sul modello americano gli studenti, oltre a condividere nozioni con i docenti, possiedono due organizzazioni a loro dedite: un Club di Economia Applicata (CEA) ed un Junior Enterprise (JEAESI). «Queste associazioni – chiarisce Perali – sono state appositamente istituite allo scopo di creare nei ragazzi una maggiore capacità relazionale in un’ottica di collaborazione tesa alla risoluzione dei problemi, all’apprendimento con il metodo learning by doing e alla partecipazione alle decisioni a livello collettivo, ambito in cui la società è più debole». Le giornate sembrano preparare al lavoro anche in termini di orari. Infatti, il Master in Economia e Finanza propone un trainig, con obbligo di frequenza, di 8 ore al giorno per 5 volte la settimana, suddiviso in 360 ore di didattica frontale, 300 ore di stage nazionale o internazionale, 75 ore spendibili in laboratori o didattica interattiva. «Questa è la prima proposta – prosegue Perali – ma siamo pronti a ritagliare il prodotto in base alle esigenze dell’ambiente e di chi ci sta dando fiducia». Attualmente l’unico sponsor istituzionale, infatti, è la Banca Popolare di Verona, ma anche i docenti fanno la loro parte rinunciando alla contribuzione per le ore di didattica spese in questo Master. «Siamo davvero convinti – sottolinea Perali – che questa offerta formativa prepari gli studenti a ricoprire ruoli dirigenziali, con un elevato livello di professionalità, per essere assunti ogni anno, inserendosi in modo più rapido rispetto ad un dottorato di ricerca e riuscendo comunque a dialogare tra le strutture aziendali e l’Università». Cosa offre in più questa proposta rispetto a quelle che stanno proliferando fuori e dentro gli Atenei? Secondo i docenti ciò che fa la differenza è la presenza di personale che sappia realmente quali siano gli intenti di questo particolare tipologia di percorso di studi. «L’80% degli insegnanti – afferma Perali – all’interno del Master in Economia e Finanza, si sono formati in ambito anglosassone dove questo tipo di specializzazione ha avuto origine, apprendendone l’essenza, le caratteristiche e le peculiarità, potendo quindi riprodurla all’interno dell’Ateneo veronese. Per questa ragione abbiamo la certezza di offrire un prodotto di ottima qualità e spendibilità a livello lavorativo». La differenza rispetto ai precedenti 5 anni di studio sta nella volontà di porre, nelle mani dello studente, strumenti spendibili concretamente nel mondo del lavoro, a fronte di nozioni già precedentemente apprese, per risolvere i problemi quotidiani. Leggendo i dati dell’Istat che confermano il numero di abbandoni e di mancata prosecuzione degli studi dopo il triennio, l’Università di Verona sembra operare in contro tendenza, ampliando l’offerta di Master di Secondo livello (dopo i 5 anni). «Le aziende locali – spiega il professor Perali – non chiedono percorsi di studi troppo lunghi ma preferiscono formare lo studente sul campo perché ritengono che l’Università non formi in questo senso. Soltanto le grandi imprese selezionano giovani con una preparazione accademica elevata, anche dal punto di vista della durata, ed è a loro che rivolgiamo i ragazzi che si completano con i nostri Master». Le società medie del panorama locale non richiedono certi servizi e competenze per cui un laureato ha studiato e, soprattutto in alcuni ambiti, conviene qualche esperienza in più e qualche esame in meno. Il risultato è che il novello lavoratore non è opera nel settore previsto, si sente sotto-utilizzato e non vede prospettiva di carriera. «La visione lungimirante del DSE FAO – conclude Perali – cerca invece di riformare la mente, non solo degli studenti, ma anche degli imprenditori, per renderli coscienti che, se non saranno in grado di adeguarsi alle metodologie di analisi internazionali, presto o tardi, saranno fuori mercato. Non abbiamo problemi ad organizzare dati per la ma ci troviamo in difficoltà a dialogare con CCIAA di Verona per l’eliminazione dei bilanci cartacei a favore di quelli elettronici. Se le aziende comprenderanno i vantaggi della formazione, forse allora l’università potrà permettersi di non procacciare ininterrottamente fondi e concentrarsi ancora di più sulle evoluzioni della società ed il miglioramento dell’offerta».