Un aumento importante del fatturato – da 58 milioni a 63 -; un aumento della redditività e del patrimonio, saliti rispettivamente a 4,6 ed a 26.9 milioni; un aumento della redditività [//]per i mille500 soici conferitori che hanno portato a casa mediamente 48.15 euro per ogni quintale di uva conferito, il 30% in più di quanto “concesso” da altre Cantine sociali: questi i dati salienti del bilancio 2005-06 della Cantina sociale di Soave, approvato l’11 novembre scorso e presentato oggi a Rocca Sveva. «E’ uno dei bilanci più positivi degli ultimi anni – ha dichiarato Luigi Pasetto, presidente della Cantina di Soave, affiancato dal suo vice, Attilio Carlesso, e dal d.g. Bruno Trentini – e questo malgrado la vendemmia 2005 non sia stata una delle migliori, anzi. I risultati sono stati ottimi, grazie all’attenta gestione dei mercati, ed al gran lavoro in cantina. E non sono mancati neppure gli investimenti: immobili, tecnologie». Sei milioni, ad esempio, sono stati destinati al miglioramento qualitativo dell’imbottigliato. I dati I conferimenti delle uve sono calati dell’8% passando da 615 mila quintali a 565mila, superiori comunque al dato della vendemmia 2003 che si era fermato a quasi 522mila quintali. La liquidazione ai soci è stata superiore ai 26 milioni di euro, con una contrazione del 3,5% come valore complessivo, ma con un aumento di quasi 3 euro al quintale per i singoli conferitori. Il dato complessivo resta comunque ai vertici dello storico del montante liquidazioni. Continua lo sviluppo delle produzioni “a marchio” della Cantina di Soave che nell’ultimo esercizio sono cresciute di ben il 20% superando quota 18 milioni di bottiglie (30 milioni quelle complessivamente prodotte). L’uscita dal private label In questo ultimo dato sta anche una precisa inversione di tendenza commerciale della Cantina di Soave. «Il settore delle private label (le produzioni che presntano il marchio dei distributori) – ha sottolineato Bruno Trentini – si sta facendo sempre più penalizzante. I margini sono decrescenti, col rischio di svilire anche l’immagine complessiva delle nostre denominazioni. Non crediamo che questa possa essere la nostra strada in futuro: non ha senso produrre volumi senza redditività e quindi senza qualità. Noi puntiamo e investiamo su noi stessi, sui nostri brand». Cadis, Le Poesia, Rocca Sveva e Maximilian: queste le quattro linee di prodotto con grandi soddisfazioni e crescite importanti su Rocca Sveva e Maximilian che in sette anni ha decuplicato i volumi venduti con riconoscimenti di vaglia per questo spumante classico. Cantina di Soave si conferma leader anche nell’esportazione con Germania, Gran Bretagna ai vertici delle classifiche di vendita. Tornando ai numeri, l’utile di bilancio («In una cooperativa non è quiesto l’indice che più interessa – spiega Attilio Carlesso – quello che importa è la remunerazione dei soci ma noi crediamo che sia un buon segno mettere ogni anno “fieno in cascina”») è cresciuto del 28% arrivando a quasi 800mila euro netti: una crescita che ha pochissimi eguali in un settore, quello del vino, che registra riduzione dei margini, contrazione generalizzata delle quote di mercato in virtù di una concorrenza accresciuta e dalle poche regole. Raddoppia il cash flow, ovvero la capacità di generare flussi di cassa positivi, un indicatore reddituale più completo che n on la singola voce dell’utile: passa da 2,8 a 4,6 milioni, mentre il patrimonio netto (in virtù anche dell’entrata a regime dell’acquisizione della Cantina di Illasi) sale da 19,7 a 26,9 milioni. Basso l’indebitamento. Restano ancora insomma ampi margini per ulteriori operazioni di M&A. La Valpolicella La Cantina di Soave controlla il 48% della produzione della zona Doc e Superiore «Ma si sta sbagliando politica in questa zona – lancia l’allarme Bruno Trentini -: si sono ammassate le uve soltanto per le produzioni di Amarone e di Ripasso per sfruttare l’onda del momento. Così il Valpolicella sta scomparen do dai mercati e l’innalzamento dei prezzi legato all’assenza di prodotto sta creando ampi varchi a produzioni internazionali assai più competitive. Il risultato sarà che nel momento di sboom, che ciclicamente comunque arriverà, il Valpolicella non avrà riconoscibilità e quote di mercato. Da tre opportunità – Amarone, Ripasso e Valpolicella – rischiamo di avere soltanto tre speculazioni sbagliate».