Occupazione: cresce a Verona nell’artigianato del 2,4 percento. In calo, invece, il dato veneto
Mentre l’occupazione nell’artigianato veneto continua a calare (nei primi sei mesi dell’anno i dipendenti del comparto sono diminuiti dell’1,8% rispetto al primo semestre 2005), Verona registra dati in controtendenza.[//] Il dato emerge dall’indagine semestrale che la Confartigianato del Veneto realizza per monitorare l’andamento del lavoro attraverso l’elaborazione (a cura di BS consulting) di oltre 50 mila cedolini paga elaborati dalle Associazioni/Unioni provinciali per le aziende socie. Sono ormai sei semestri consecutivi che i dipendenti delle imprese artigiane del Veneto calano: l’ultimo incremento (più 2,2%) si registrò nel primo semestre 2003. Il calo maggiore si è registrato nel manifatturiero, meno 2,1 per cento; ma flessioni significative riguardano anche le costruzioni (meno 1,4%) e i servizi (meno 1,1%). All’interno dei servizi si trova l’unica categoria che abbia avuto un incremento occupazionale, nel primo semestre: l’autotrasporto ha messo a segno un più 2,2%. Ma, notoriamente, una rondine non fa primavera. Ma la flessione non è uniforme a livello territoriale. Perdono occupati nelle aziende artigiane le province di Padova, Treviso, Venezia e Vicenza. Stazionaria Belluno. Crescono, invece, Rovigo e Verona, per la quale l’incremento è addirittura del 2,4%. “Ciò si spiega – afferma il presidente dell’Unione Provinciale Artigiani Confartigianato di Verona, Ferdinando Albini – con la vitalità che la categoria mantiene nella nostra provincia. Nonostante tutto sappiamo ancora offrire a chi lo cerca un lavoro di qualità e buone opportunità occupazionali. Sarà così anche dopo che la Manovra Finanziaria avrà penalizzato questi segnali positivi? Ce lo auguriamo, ma sull’apprendistato, rimaniamo molto pessimisti. Su tale forma contrattuale, infatti, si ha intenzione di scaricare un onere di oltre 220 milioni e il costo del lavoro crescerà di mezzo punto percentuale. In questo modo si azzereranno i benefici della riduzione del cuneo fiscale e si penalizzeranno proprio quelle imprese che da sole, in Italia, generano il 58% della nuova occupazione. Vogliamo dire che proprio Verona conferma questa ‘virtù’ dell’artigianato? Diciamolo, ma rendiamoci anche conto che non è una colpa essere virtuosi, anzi, dovrebbe essere premiato”. Tornando all’indagine, per quanto riguarda la veste giuridica, la flessione viaggia a ritmi diversificati: gli impiegati crescono, sia pure dello 0,6%, mentre calano visibilmente gli operai (meno 2,1%) e crollano gli apprendisti sotto i 18 anni: meno 8,3%. Assieme agli impiegati, l’unica categoria con il segno più é quella dei lavoratori part time: più 0,9%. I dipendenti che non conoscono flessioni, invece, sono gli extracomunitari: crescono, sia pure di poco, più 0,4%. Il loro contributo consente di limitare le perdite occupazionali nell’artigianato veneto, che per quanto riguarda i dipendenti comunitari, quasi tutti italiani, è di 2,2 punti percentuali. Complessivamente, gli extra comunitari oggi totalizzano il 15,4% dell’occupazione del settore, in Veneto. “Il calo degli occupati nell’artigianato è tanto più significativo – sottolinea ancora Albini -, in quanto in complesso i dipendenti stanno crescendo, a livello regionale: nel primo semestre erano 2 milioni 120 mila unità, più 1,2%. Duplice la spiegazione a questo fenomeno. La prima è di natura congiunturale: il manifatturiero artigiano sconta il calo degli ordini a causa della delocalizzazione ed i servizi invece soffrono per la mancata crescita dei consumi interni; la seconda è dovuta invece alla scarsissima presenza nelle nostre aziende di lavoro interinale e di contratti a tempo determinato. Tipologie che nel 2006 (dati Unioncamere) rappresentano in regione quasi il 50% delle nuove assunzioni. L’artigianato quindi, assume meno di una volta, ma offre ancora lavoro di qualità: a tempo indeterminato e capillarmente su tutto il territorio. Due qualità decisamente importanti”.