Il provvedimento sul TFR contenuto nella Finanziaria 2007: un “gioco” pericoloso, soprattutto a fronte di una scarsa o fuorviante informazione. Gli artigiani temono la “non scelta” nel conferimento del trattamento di fine rapporto.[//] Confartigianato ha ottenuto dal Governo il rispetto del ruolo e della peculiarità della dimensione occupazionale delle piccole e medie imprese attraverso l’esenzione, per le aziende al di sotto dei 50 dipendenti, dall’obbligo di versare il TFR per il quale i lavoratori non hanno effettuato alcuna scelta, ad un Fondo di tesoreria presso l’INPS. “Sono evidenti – afferma il presidente dell’Unione Provinciale Artigiani Confartigianato di Verona, Ferdinando Albini – le gravi difficoltà finanziarie che un obbligo del genere avrebbe arrecato alle piccole imprese. Restano, peraltro, ancora irrisolte le questioni che riguardano una parte importante delle misure di compensazione previste in favore delle piccole imprese che conferiscono il TFR, dal momento che è stato cancellato ogni riferimento normativo all’istituzione di un Fondo che ne consenta l’accesso al credito agevolato”. “Ma non solo – continua Albini – non abbiamo cambiato idea sull’impostazione generale della misura. Se da un lato c’è stato un miglioramento con l’innalzamento del tetto massimo di dipendenti, cosa che solleva virtualmente buona parte delle piccole e medie imprese, dall’altro rimane l’assurdità di costringere comunque l’imprenditor a rimanere, diciamo così, ‘in guardia’”. Se il lavoratore entro il 30 maggio 2007 non esprime alcuna scelta, l’impresa dovrà inviare un’ulteriore comunicazione con le indicazioni di dettaglio sulla forma pensionistica complementare a cui, dal 1° luglio 2007, verrà definitivamente conferito il trattamento di fine rapporto. Qualora il lavoratore (di un’azienda con un numero di dipendenti inferiore a 50) taccia fino al 30 giugno 2007, a decorrere dal 1° luglio 2007 il lavoratore sarà costretto a trasferire il suo TFR maturato dal 1° gennaio in poi con il seguente ordine di priorità: al fondo pensione previsto dal contratto collettivo, al fondo pensione previsto dagli accordi collettivi applicabili in azienda e a cui abbia aderito il maggior numero di lavoratori, al fondo pensione complementare residuale istituito presso l’INPS. “Questo – afferma il presidente dell’UPA – dà l’impressione di essere un ‘gioco’ sul quale il Governo ha puntato, nella speranza che la poca chiarezza sulla materia dia come risultato che un numero molto maggiore di quello previsto di dipendenti finisca per non formulare alcuna scelta. Perché il TFR rimanga a disposizione del dipendente in azienda è necessario che tale intenzione venga confermata con uno scritto e questo va detto chiaramente, senza infilare tale indicazione in mezzo a discorsi più complessi. Per gli artigiani, il rapporto di vicinanza con i pochi lavoratori che solitamente compongono la loro forza lavoro all’interno di botteghe, officine e laboratori, è fondamentale. Come teniamo a dire spesso: noi lavoriamo al fianco dei nostri dipendenti, raramente possiamo essere identificati con i manager dalla camicia immacolata. In quest’ambito di reciprocità, bisogna anche che venga comunicato ai dipendenti che la scelta di lasciare il TFR in azienda potrà essere successivamente revocata, per conferirlo successivamente ad un fondo pensione. Singolare che non valga il percorso opposto, ossia: decidere di affidarsi ad un fondo pensione e poi, una volta cambiata idea, trasferire il TFR in azienda. La situazione deve essere chiara anche ai dipendenti: togliere all’impresa la possibilità di poter investire in sviluppo grazie all’utilizzo dell’accantonamento del TFR, che rimane un sacrosanto e intoccabile diritto dei lavoratori, significa mettere in difficoltà l’impresa per cui si lavora”. Per quel che riguarda i neoassunti dopo il 1° gennaio 2007, essi dovranno esprimere una scelta entro 6 mesi dalla data di assunzione. Se ciò non avverrà anche per loro varrà il conferimento obbligatorio a uno dei tre fondi nominati in precedenza.