Così Bossi ripropone la secessione, non essendo riuscita la devolution ed il successivo referendum. Si riaprono vecchi discorsi, progetti un po’impolverati, con recupero di argomenti che sembravano esplosivi. Ma non c’è più l’energia, l’entusiasmo di anni fa, la gente è certo delusa del centrosinistra ma non ricorda[//] con entusiasmo il centrodestra al governo. La delusione si trasforma in stanchezza, la stanchezza uccide la speranza e fomenta il disincanto. Si guarda alle cose con più realismo e si deve riconoscere che la Lega, a Roma, “bene vixit”, ci ha saputo vivere bene, ne ha apprezzato il modus vivendi, ha partecipato ai banchetti del potere nel sottogoverno in enti e società di Stato, ha moderato i suoi giudizi su Roma ladrona pur mantenendo per il proprio elettorato accenti sempre duri e forti. Va riconosciuto che la devolution poteva essere accettata, pur se in un contesto di innovazione riformistica più ampia. Ma la gente si pone spesso domande intriganti, vuole vedere i fatti concreti non i soliti proclami. La secessione leghista va bene, ma quella di Lamon, piccolo centro ai confini con il Trentino Alto Adige no. L’unità del Veneto va salvaguardata, non è accettabile la secessione dal Veneto, no pasaran. Così la Lega in Veneto e non solo la Lega, e così è avvenuto. Uno strano concetto dell’autonomia locale, e della autonomia in generale. Una violenza nei riguardi della popolazione di quel paese, costretto a vivere con la vista diretta delle disuguaglianze, del diverso e non motivato trattamento di privilegio per cittadini dello stesso Stato. Certo l’ipotesi di secessione leghista è lontana, non praticabile, almeno in modo legittimo. Ma perché non è più credibile? Perché non si è fatto molto per ripensare ad una politica per gli enti locali, ad una loro responsabilizzazione sulla spesa, al vero decentramento fiscale che significa rapporto tra entrate ed uscite ed unitaria responsabilità su entrambe. Si è tentato di potenziare la Regione non tanto sul piano legislativo ma su quello gestionale, alla faccia di qualsiasi principio di sussidiarietà. Non si è avuto il coraggio di eliminare le province, immense fonti di spesa, di burocrazia e di costo della politica, sostituendole con più potere ai comuni alle loro aggregazioni, da vincolare ai criteri di risparmio ed efficienza. La fine, giusta, del controllo sugli atti degli enti locali lì a lasciati in balia solo del giudice penale che peraltro usa la obbligatorietà della sua azione con criteri fortemente facoltativi. Così le nostre città, grandi e piccole, sono il terreno di speculazioni selvagge, investimenti da mordi, vendi e fuggi, spesso di pura occupazione del territorio ovviamente il più pregiato. Se Forza Italia non è più quella delle origini non lo è neppure la Lega, anch’essa consumata dal potere locale, regionale e nazionale. A Verona, per fare un esempio, non è stata certo la Lega (per gli altri, a destra o sinistra non se ne parla proprio) a sostenere il ruolo delle circoscrizioni, a riorganizzarne le funzioni ed i poteri, a riconoscere una rappresentanza meno virtuale, ad immaginare una città dove crescesse il decentramento, l’autonomia locale, il livello della classe dirigente periferica, delle idee dei cittadini e non solo dei banchieri e dei poteri centrali e forti. Ora anche la città metropolitana viene richiesta senza un progetto, un rapporto con il territorio, non sostituendo la giusta abolizione della Provincia con idee forti e condivisibili e con proposte di rafforzamento democratico. Il decentramento, la partecipazione democratico popolare, la valorizzazione dell’associazionismo propositivo (non quello festaiolo o solo protestatario) rappresentano la valorizzazione delle risorse del territorio, l’accrescimento di questa asfittica democrazia. Bossi ripropone la secessione, ma per fare cosa? Per mantenere quello che già esiste in termini di accentramento burocratico, di basso livello politico, di centralismo regionale, di spesa pubblica sempre più alta, di immigrazione chiesta da industriali e agricoltori con gli oneri a carico degli altri cittadini ? Solo per avere un territorio più ridotto e controllabile di quello nazionale ? Le libertà civili, le autonomie locali, la autodeterminazione dei popoli possono essere conculcate o sviluppate in una piccola regione come in un grande Stato. Nel grande lombardo-veneto come nel piccolo comune di Lamon.