Sono le lobby a rallentare le candidature
Il nodo che emerge con chiarezza, al termine di questa settimana politica, non è tanto l’incapacità dei partiti di centrodestra nel darsi un candidato, quanto piuttosto il rapporto – mai chiarito e mai trasparente – fra le lobby di Verona e la politica. Lobby che si sono messe pesantemente in gioco proprio questa settimana[//]. Il tradizionale leit-motiv – la politica non sa scegliere, non ha uomini credibili, quindi perché non innoviamo: prendiamo un candidato dalla società “civile” – oltre a non essere affatto nuovo (è già stato usato per Michela Sironi, Paolo Zanotto ed Elio Mosele) e quindi scarsamente credibile (la società “civile” non ha portato nella vita pubblica innovazioni di rilievo né miglioramenti clamorosi nella qualità della vita dei cittadini), suona come un clamoroso alibi per la vera posta in gioco. Che è, guarda caso, la grande ammucchiata della grande trasformazione urbanistica di Verona Sud. Stiamo parlando di valori enormi: come superfici da riconvertire, come investimenti da fare, come ricavi da ottenere. E nella partita ci sono dentro in tanti che, ovviamente e financo legittimamente, sono interessati a capire chi entrerà nella cabina di regia di questa trasformazione – ovvero il prossimo Sindaco e la sua Giunta – e come si riuscirà ad entrare in relazione con la nuova classe dirigente. Nell’ultimo mandato si pensava che bastasse far leva sui sodalizi del conservatorismo cattolico e sui legami di casta della Verona-bene figlia dei “padri” (questi sì, tutti politici e ben dentro la politica). E’ bastata una sentenza del Tribunale amministrativo per far giustizia di questa illusione. Quindi il prossimo sindaco avrà in mano le chiavi “vere” della città e se avrà un minimo di capacità negoziale col Consiglio comunale potrà fare grandi cose. Ha per le mani finanziamenti pubblici; ha in mano un rapporto con una Fondazione che ha l’obbligo di investire sul territorio; ha in mano il mandato dei cittadini che, a casa nostra e grazie al Cielo, sono ancora i depositari del potere. Il problema non si porrebbe se ci fosse un’assunzione di responsabilità chiara da parte dei detentori di interessi così importanti. Perché, senza voler essere manichei, che ci sia la necessità di risistemare Verona Sud è cosa nota, che nel rifare questa zona si aprano grandi opportunità (di lavoro, di riqualificazione della città, di miglioramento della qualità della vita, di rilancio economico)e che queste grandi opportunità rappresentino anche del business non è soltanto noto, è ovvio. Ed è giusto che sia così, in un’economia liberale, di mercato e non dirigista da Gosplan. Nella realtà queste lobby non si fanno mai vedere sino in fondo. Usano la stampa per sparare addosso alla politica , organizzano cene dove invitano big dei partiti e ne danno resoconto anche quando i big non arrivano, creano associazioni il cui scopo è inventare occasioni simil-pubbliche dove poter svolgere attività lobbistica. Che, ripeto per evitare di venir frainteso, Bulldog considera pressioni legittime per o- rientare l’andamento della politica. Ma che proprio per questo debbono essere palesi, aperte, rivolte all’intera comunità. Negli Stati Uniti le lobby operano palesemente all’interno del Congresso. La loro attività è disciplinata per legge, ma la finalità del legislatore è quella di garantire a tutte le lobby l’accesso, l’opportunità di spiegare ai rappresentanti del popolo vantaggi e svantaggi che possono derivare da determinate scelte. Palese, chiaro, trasparente. Si sa da dove partono i soldi, dove finiscono, le conseguenze sul voto che hanno queste attività. Mai una lobby si sognerebbe di dire ad un partito – quello Repubblicano, per similitudine col nostro Centrodestra : «I tuoi quattro challenger espressi dai partiti della coalizione, non sono all’altezza. Prendi al posto loro il presidente di una Fiera o della Confindustria». Mai una lobby si nasconderebbe sotto la tonaca di un religioso. E dove le Chiese scendono in campo – sempre in quello Repubblicano, se vogliamo mantenere questa similitudine – lo fanno in maniera diretta, parlando non di come dev’essere gestita una banca, un’assicurazione o un’impresa pubblica, ma di temi più vicini alle tematiche spirituali ed alle grandi scelte etiche: la vita, la morte, la famiglia, il diritto al proprio credo religioso. La scorsa settimana Verona ha assistito, mezzo stampa, alla carica delle lobby. Nessuno di quanti hanno candidato prima Luigi Castelletti, poi Gianluca Rana e prima ancora Paolo Bedoni e poi chissà quanti altri da qui ai prossimi dieci giorni, ha spiegato perchè uno stimato professionista o un altrettanto stimato imprenditore può far meglio di un “professionista della politica”. Competenza culturale? Competenza pratica? Maggiore capacità amministrativa? Oppure sono le maggiori doti diplomatiche, la capacità di di- scernere il bene comune in mezzo ai tanti interessi privati che, come abbiamo già detto e ripetermo sino alla nausea, ci sono, sono legittimi ma debbono passare tutti da un esame superiore? Nessuno dei supporters di queste candidature ha spiegato dove i professionisti della politica risultano insufficienti in un confronto uomo-contro-uomo. Si è preferito usare l’arma dei commenti o coinvolgere altri rappresentanti dello stesso mondo dei candidati “alternativi-alla-politica” che hanno avuto il ruolo di spiegare a Verona quanto poco democratici siano i partiti, dove chi vuole entrare a guidare un movimento di persone non viene automaticamente cooptato al vertice della stessa associazione. Insomma, c’è chi vorrebbe mutuare per la guida della cosa pubblica le procedure di elezione di tante associazioni di categoria che, magari, da pochissimo tempo hanno introdotto il voto di tutti gli iscritti per eleggersi il presidente, oppure dove ancora le nomine avvengono per cooptazione e consigli che non hanno un rapporto diretto con la base associativa, determinano vertici. Invece, questa volta – proprio questa volta – c’è bisogno che il prossimo Sindaco sia un uomo della politica. Che abbia maturato capacità di sintesi, di governo, di gestione di procedure complesse e del problem solving in un percorso formativo interno alla macchina della politica. Perchè le prossime decisioni condizioneranno Verona per i prossimi cinquant’anni e decisioni così spettano alla politica, non alle lobby. E’ talmente semplice da sembrare scolastico. Su Verona Sud, la tramvia, il traforo ecc. è necessario che chi compierà le scelte definitive risponda all’elettorato. Che fra cinque anni potrà premiare o bocciare le politiche fatte. Un leader politico, che sappia te- ner conto di tutte le differenze della società veronese, e che non decida sulla base dell’orgoglio di censo o sapendosi al riparo perché sostenuto da correnti lobbyistiche in grado di tentare di mettere la sordina ai problemi della città. Anche perché – come dimostrano i recenti accadimenti a Palazzo Barbieri – con le forzature non si va da nessuna parte. La città resta bloccata nelle sue scelte e rischierebbe di perdere altro tempo prezioso. Paradossalmente, un altro Sindaco eletto al di fuori della macchina politica, magari coi crismi di un’investitura fatta dai poteri forti – ammesso che esi- stano ancora, visti i risultati tanto in politica che in economia – , si ritroverebbe con un Consiglio comunale poco disposto a concedere tutto, ad eseguire qualsiasi ordine di scuderia. Le teste di legno non funzionano quando sono bilanciate da organi eletti col voto popolare. Chi glielo va a raccontare in circoscrizione, infatti, a cittadini infuriati delle scelte fatte al di sopra del Consiglio stesso? Come spiegheranno le lobby ai cittadini di Borgo Roma la variante Gabrielli? I problemi di Zanotto, insomma, moltiplicati per quattro. Meglio allora che i partiti facciano il loro mestiere. Tanto a destra che a sinistra. Cerchino al loro interno una figura in grado di puntare su una ben determinata politica. Mancano queste figure in città? Dai nomi sul parterre, tanto di qua che di là – non si direbbe. Una settimana in più o in meno non fa molto danno. Molto meno, comunque, di una scelta imposta al di fuori dei partiti che impallerebbe Verona, per l’enne- sima volta, per altri cinque anni. Grazie, no. Abbiamo già dato.