Torna di moda fare il Sindaco, infatti…
Moratti for President. Meglio Veltroni. In questa nostra strana democrazia, basata su spettacolo, luci, apparenza ora va di moda proporre il sindaco, di destra o di sinistra, per la poltrona, in verità assai scomoda, di Presidente del Consiglio dei Ministri. Il clima di liberalizzazioni che vorrebbero allargare il mercato, influenza le scelte politiche[//]. Allarghiamo anche l’offerta di Sindaci per il governo del paese. Certo la loro visibilità è alta e del resto Roma lo ha dimostrato, con Rutelli prima e Veltroni poi. È una visibilità eccezionale perché a Roma il Sindaco ha un ruolo speciale. Infatti non deve occuparsi della viabilità, dello stato delle strade e del traffico, di regolamentare la convivenza e la tutela interetnica, di limitare i palazzinari, di migliorare lo stato indescrivibile delle periferie, in sostanza di gestire la comunità. Il suo “nuovo” ruolo lo porta a finanziare e organizzare festival, notti bianche, spettacoli musicali, mostre e fiere, per la felicità dei romani e degli ospiti, ma soprattutto degli romani elettori. “Panem et circenses”, come gli antichi imperatori. Il sindaco di Milano è meno avvantaggiato. Un tempo Milano era “capitale morale” ma poi, con tangentopoli, le vicende finanziarie, bancarie e telefoniche, il termine sembra inadatto, ed i milanesi meno condizionati dalla politica circense. Ma non bisogna limitarsi a queste due città: perché non i Sindaci di Palermo e Napoli, Firenze o Torino, Venezia o Bologna? Tutti al Governo. In fondo sono tutti politici di ottimo livello, anch’essi dotati di carisma da primo cittadino. E perché non estendere il metodo a comuni minori? Un tempo vi era la regola che, per andare in Parlamento e poi al Governo, occorreva passare dalla vivacità del dibattito politico, dal confronto di idee e programmi nei partiti, dalla rappresentanza di idee, pulsioni, valori, da capacità organizzativa e presenza sul territorio. La costruzione di una classe dirigente politica avveniva così, ed anche con un itinerario formativo nella pubblica amministrazione, e nelle scuole politiche, allora serie, dove si studiava l’esperienza storica del paese. Poi, negli anni 80, questi metodi andarono in disuso. Ai partiti si sostituivano le correnti, la storia divenne più faziosa e particolare, lo studio e la base culturale assai più labili, i gruppi divennero “centri studi” che tutto facevano meno che studiare. Il calo di livello della dirigenza, il costo sempre più alto della politica, l’ingordigia di molti politici, giustificata da “esigenze di organizzazione”, portarono ad una crisi di sistema, solo in parte determinata da tangentopoli, tanto forte da causarne il crollo. La seconda Repubblica ha avuto protagonisti diversi, frutto della rivolta popolare, della mancanza cinquantennale di alternanza politica, delle conseguenze della crisi internazionale, della stanchezza della gente desiderosa di un forte ed assoluto rinnovamento. Ci fu un cambio radicale di classe dirigente, che, salvo poche eccezioni, dovette essere “inventata” quasi totalmente: i Consiglieri comunali, i Sindaci, i Presidenti, i legislatori regionali e nazionali. Ci fu l’interruzione del circuito, non solo sostanziale ma anche formale. Ora, dopo un decennio, i Sindaci tornano di moda, danno il senso di un’esperienza concreta, vissuta sul campo, a contatto con la gente e le realtà locali del territorio. Così destra e sinistra cercano i propri campioni nelle città. Ma è una finzione: anche essi sono spesso il frutto di soluzioni inventate, con esperienze normalmente ridotte e sperimentali. Salvo alcuni che sono già reduci dal Governo: Veltroni, prima di Sindaco era già vice Presidente del consiglio e politico autorevole ancora dal PCI, la Moratti era Ministro, già Presidente della Rai, chiamata, certo con più merito di tanti altri, dal leader assoluto del suo partito. Anche i partiti sono invero divenuti solo comitati elettorali, spesso a base amicale. Molti parlamentari, ex ministri, ed altro, hanno capito che il potere vero non é più nel Parlamento ma in istituzioni più permanenti, più governabili, più stabili nella loro durata di mandato; che essere Sindaco di una città dà meno fatica e più potere, più strumenti, più visibilità. Si sono dunque rifugiati nei comuni per uscire solo con posizioni primarie che ora riemergono dopo adeguato rifugio dalle tempeste politiche. Da Ministri a Sindaci e ritorno. Fa parte della permanenza, in modo vario, nel potere. Ma anche della mancanza di ricambio nei ruoli, della non costruzione dei successori, di minore livello politico e strategico della classe politica. Ci possiamo mai immaginare un De Gasperi sindaco di Trento, un Nenni di Forlì o Bologna, un Togliatti di Torino, e così via ? E’ anche la crisi della grande politica, capace di strategie, di visioni internazionali, di costruzione partitica e di gestione sociale. Bisogna forse che qualcuno si rimetta a pensare alla politica, ai suoi doveri, ai suoi compiti primari, alla strategia del paese, alla logica del pensare che origina quella del fare, ma le dà le ragioni profonde in una logica ampia che guarda lontano. Se ancora oggi, come un tempo, è vero che “asfaltar no es gobernar”…