Una commistione fra alchimia e scienza dei primordi, un tacito accordo fra esoterismo e conoscenze empiriche, una mescolanza di radicata tradizione aristotelica e propensione alla scoperta del mistero non ancora svelato. Questo poteva essere il distillato dell’agitato fermento culturale secentesco, l’ingrediente principale dei decotti e delle triache medicamentose[//], la ricetta dell’elisir che portò in seguito a varcare inesorabilmente la soglia della rivoluzione scientifica. Fino ad allora, la separazione fra discipline mediche farmaceutiche e biologiche non era ancora ben definita. Tanto che farmacisti e medici, dal sedicesimo al diciannovesimo secolo, furono anche botanici e zoologi, nonché profondi conoscitori del patrimonio naturale circostante. Soprattutto vegetale, in virtù delle proprietà medicamentose di molte specie botaniche, ma anche animale, certamente. Dapprima per un retaggio quasi sciamanico, legato alla preparazione di unguenti miracolosi contro malattie e infezioni. Poi per una passione, svincolata dall’aspetto professionale, verso la conoscenza di un mondo biologico sempre più affascinante a mano a mano che le conoscenze e i progressi scientifici tentavano di svelarne l’intrico. Verona, fra i vicoli del centro che ospitavano le più antiche farmacie, le abitazioni di numerosi studiosi e due risorse naturali come il Monte Baldo e la pianura, fu come un grande alambicco culturale dalle cui serpentine si sono distillate esperienze e conoscenze che alimentarono in seguito la nascita del Museo civico di storia naturale. E che permisero di curare il corpo e la mente dei cittadini, traghettando la città attraverso il progresso scientifico e culturale, a partire dai primi anni del ‘500 fino ai giorni nostri. Un grande connubio, quindi, fra discipline medico-farmacologiche e naturalistiche, che segnò la storia della scienza e della città. Francesco Calzolari, farmacista che esercitava la professione alla Campana d’Oro di Piazza delle Erbe, fu il precursore di tutti i museologi naturalisti, con la sua camera delle meraviglie ricca di reperti di grande pregio, ubicata nella sua casa di Verona e molto probabilmente primo vero museo ad affacciarsi agli interessi scientifici del mondo intero. Egli fu anche un grande esploratore del Monte Baldo, meta ricorrente delle sue escursioni alla ricerca di piante officinali e di nuove essenze da scoprire, in quel magnifico scrigno di tesori naturalistici che doveva essere la montagna veronese, ancora incontaminata ed inesplorata. Contemporaneo di Calzolari fu Giovanni Pona (a destra nella riproduzione fotografica di un quadro del museo), speziale veronese che praticava la sua conoscenza al Pomo d’Oro. Anch’egli esploratore del Monte Baldo, fu autore di un’opera descrittiva sulla flora baldense, sempre in una prospettiva botanico-farmaceutica. Chissà se mai lui e Calzolari incrociarono gli sguardi o i sentieri mentre esploravano, con occhio attento e distante da beute, bollitori, scaffali ed oli essenziali, le pendici della montagna. Con il Settecento, grande attenzione acquistò il giacimento fossilifero di Bolca. Già conosciuto dai tempi di Calzolari (un esemplare di pesce fossile ancora conservato al museo di Verona sembra provenire dalla collezione del farmacista veronese), fu il letterato Scipione Maffei ad acquisirne la proprietà e a cedere al farmacista Vincenzo Bozza il diritto di scavo. Fra la preparazione di un decotto e di un unguento, Bozza raccolse settecento esemplari, successivamente confluiti al museo di Parigi con l’arrivo di Napoleone nel 1797 a Verona. Ma fu la botanica la vera protagonista del settecento e il vero legante fra occupazione medico scientifica e curiosità naturalistica. Giulio Cesare Moreni, farmacista al Bue d’Oro nella contrada di San Pietro in Carnario e successivamente alla Maddalena in Via San Paolo, lasciò al museo civico un erbario settecentesco di mille esemplari, di grande valore storico perché le piante raccolte sono identificate con una nomenclatura precedente a quella definitiva di Carlo Linneo nel suo fondamentale Systema Naturae del 1758. Gli animali rientrano negli interessi dei farmacisti veronesi come Luigi Menegazzi, che a cavallo fra ‘700 e ‘800 raccolse e studiò molluschi ancora conservati nelle collezioni del museo, e come Francesco Fontana, farmacista di Lazise, che è curiosamente ricordato per aver raccolto e sezionato più di 40.000 vipere, forse con il duplice scopo di produrre triache, antidoti medicamentosi e acquisire conoscenze sull’anatomia del povero rettile. Ma Fontana è ricordato soprattutto per aver scoperto la salicina estratta dalla corteccia del salice bianco. Purtroppo, la notorietà non lo investì perché solo successivamente fu scoperta l’importanza e l’estrazione dell’acido salicilico dalla salicina, oggi ampliamente diffuso ed utilizzato. Fra chi alternò sapienti conoscenze mediche a passioni naturalistiche ricordiamo ancora Giuseppe Rocchetti, farmacista legnaghese che raccolse durante le sue escursioni tardo ottocentesche nelle paludi oggi quasi scomparse della bassa, l’Aldrovanda vesiculosa, una pianta carnivora attualmente estinta nel veronese. Nell’area benacense, florido scrigno di tesori botanici, esercitò la sua professione Gregorio Rigo, farmacista di Torri del Benaco, che raccolse e conservò in un notevole erbario molte essenze, poi confluite nelle collezioni dell’Università di Napoli. Con la seconda metà dell’Ottocento si afferma e si concretizza la nascita di un Museo civico di storia naturale, quello che attualmente accoglie le proprie collezioni ed esposizioni nelle sedi di Palazzo Pompei, in Lungadige Porta Vittoria. Con esso e con il sempre più febbrile accumulo di conoscenze biologiche, innescato da quell’ordigno scientifico che è stata la pubblicazione dell’Origine delle specie di Charles Darwin nel 1859, si concretizza sempre di più la figura di botanici, zoologi e paleoantropologi professionisti che, fra università ed altre realtà scientifiche accademiche e non, fanno capo al nascente museo. Dal dopoguerra ad oggi, l’istituzione veronese ha conosciuto un incremento esponenziale della propria valenza scientifico-culturale, alimentata dall’attività di eminenti studiosi che vi hanno lavorato e collaborato. Ma un plauso ed un ringraziamento vanno sicuramente a queste figure di cultori e professionisti, alchimisti e sciamani, curatori e medici, che hanno saputo alternare sapienza e passione, professionalità e curiosità scientifica, contribuendo ad allungare l’aspettativa di vita media dei cittadini, ma anche a sviluppare le conoscenze scientifiche e l’affermazione di una realtà museale così importante. Forse i primi e pochi ad accorgersi che corpo e mente costituiscono veramente un tutt’uno. Museo di Storia Naturale di Verona Palazzo Pompei – Lungadige Porta Vittoria 9. Orario apertura: Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e sabato ore 9 – 19; Domenica ore 14 – 19; www.museostorianaturaleverona.it Informazioni: 045 8079400 – 045 8012090 Ingresso intero Euro 3 Ingresso ridotto Euro 2 e 1. Ingresso gratuito: Anziani Portatori di handicap e loro accompagnatori; Bambini fino a 7 anni. Tratto da Pillole. La rivista della tua Farmacia (Federfarma Verona editore) n. 10 dicembre 06-febbraio 07.