Berlusconi e la svolta: una speranza: una possibile delusione
Della svolta berlusconiana in questa fase si può dire di tutto: improvviso colpo di genio, premeditata operazione di recupero, indebolimento degli alleati troppo scomodi, accelerazione dell’inevitabile processo di dialogo con il Partito Democratico. Il misto di reazioni, [//]personali di Fini, politiche di Bossi e tattiche di Casini,riguardano il brevissimo periodo. Quello che conta è la prospettiva che si riapre per il futuro di un paese fermo, impoverito all’interno, perdente nella competizione internazionale, stanco di politici auto-referenti e lontani dalla gente e per questo, non a caso, definiti casta Vi sarà un cambio di classe dirigente solo parziale e minoritario, ma può mutare il clima, far operare per nuovi modelli politici ed organizzativi che consentano di governare e di decidere. Non crediamo che la mossa di Berlusconi sia un colpo di fantasia ma nemmeno un disegno strategico ben definito. Ma può aprirlo, a destra come a sinistra, dove Veltroni ha obiettivi simili. Il centrosinistra a vocazione maggioritaria ha chiari i suoi confini, che sono quelli del neonato Partito Democratico. Per il centrodestra vi sono molte e per la verità interessanti possibilità di crescita ma anche, per ora confuse, aggregazioni al centro, tra il sindacalista Pezzotta e il padronale Cordero di Montezemolo, il proporzionalista Tabacci e il sempre disponibile Mastella ed al giustizialista Di Pietro ed altre frange minori. Si crea una scialuppa sulla dimensione del proporzionale per farla diventare una piccola nave, capace di impedire che altri possono navigare. Ancora la politica dei due forni di andreottiana memoria. Del resto il Parlamento ora è questo, con queste forze, le relative ambizioni di sopravvivenza, la voglia di potere e la paura di perderlo. “Qui si parrà la tua nobilitade” per Berlusconi: se vorrà segnare o meno, positivamente o no, la storia del Paese. Se saprà perseguire non una vittoria congiunturale ma storica, con vere riforme che modifichino le regole di questa politica ormai retrograda, corporativa, lontana dalla contemporaneità. A cominciare dalla legge elettorale. La proporzionale è pericolosa, crea ricatti e veti, le preferenze portano a grandi spese e quindi possibili corruzioni. Se proprio si deve fare occorre uno sbarramento alto oltre il 6%, ma non solo quello, per evitare ancora una volta accorpamenti elettorali e immediate successive divisioni. Regolamentando correttamente i finanziamenti dei gruppi parlamentari, della sedicente stampa di partito, dei rimborsi elettorali, delle leggi di comodo per agevolazioni particolari. La politica va finanziata ma in modo più europeo e più pulito, sanzionando pesantemente ogni violazione da chiunque compiuta. Ed anche una mini riforma costituzionale essenziale peraltro già discussa e votata la scorsa legislatura, con la fine del bicameralismo perfetto quanto inutile, la divisione di competenze tra Camera e Senato, la drastica riduzione del numero dei parlamentari. Dopo, con altro Parlamento e Governo si potranno fare le altre riforme. Solo da una forte volontà politica di Berlusconi e Veltroni, da un profondo senso dello Stato, dal superamento di ambizioni personali e di parte, conseguibili peraltro con la buona politica, si potrà dare una svolta a questo paese. In altri termini e modi, ci avevamo creduto 15 anni fa tra le macerie di tangentopoli. Ora, tra le nebbie di un sistema incapace di funzionare, vorremmo inseguire una nuova speranza, con un Berlusconi più maturo ed esperimentato. Spes ultima dea, ma con il timore della delusione.