Il 10 gennaio a Roma, senza la presenza della delegazione della Confartigianato del Veneto che aveva abbandonato il tavolo il primo giorno, dopo una trattativa non stop di 72 ore è stato siglato il rinnovo del Contratto Nazionale di Lavoro per il settore artigiano del Tessile Abbigliamento e Calzature. “Il nostro giudizio è abbastanza negativo – afferma Paride Geroli, presidente della categoria Sistema Moda della Confartigianato di Verona, Unione Provinciale Artigiani –. [//]In particolare riteniamo che si sia persa un’irripetibile occasione per innovare il settore e si sia chiusa la trattativa senza reali contropartite”. “Si trattava di un rinnovo importante per la categoria sotto tutti i punti di vista – prosegue Geroli -. In primo luogo perché avveniva dopo circa 10 anni dall’ultima vera trattativa, avvenuta agli inizi del 1998 (dopo la naturale scadenza erano stati negoziati solo accordi ponte salariali) e da allora nessuna innovazione era stata possibile. In secondo luogo perché le regole della contrattazione sono cambiate nel 2006 e quindi tale rinnovo poteva essere un banco di prova per il tanto sbandierato federalismo contrattuale. Nessuno di questi obiettivi è stato raggiunto e quindi il giudizio sull’accordo di ieri è a nostro avviso negativo”. La delegazione veneta, presente al tavolo nazionale, si era già dissociata formalmente dalla trattativa nel primo giorno, quando era risultata palese una conclusione di questo genere. E’ mancato, secondo la Confartigianato di Verona, l’impegno a sostenere lo sforzo di cambiamento e di trasformazione delle imprese che hanno subito, ricordiamolo, lunghi anni di crisi dovuti al processo di decentramento all’estero. Non sono stati introdotti quegli elementi di flessibilità richiesti a gran voce ed è stata raggiunta una mediazione salariale che di fatto depotenzia e riduce di molto gli spazi della contrattazione territoriale, con l’effetto di aumentare sensibilmente i costi delle imprese. “E’ di attualità nel Paese – afferma Geroli – la discussione su come aumentare la capacità di spesa dei lavoratori. Due le strade ipotizzate che condividiamo: ridurre la pressione fiscale e previdenziale e aumentare la produttività. La prima si risolve a livello nazionale, la seconda è elemento che si può raggiungere a livello territoriale/aziendale. Quindi, ancora di più riteniamo negativa l’impostazione che si è voluta dare a questo contratto di non prevedere una maggiore sinergia tra livello nazionale e territoriale sul tema della flessibilità. Cosa che, come rappresentanti di categoria del Veneto, abbiamo esplicitamente ma invano chiesto di introdurre”. “Altro punto cruciale – conclude il presidente di categoria della Confartigianato scaligera – era costituito dall’introduzione dell’integrazione di maternità al 100%, richiesta presente da anni nelle piattaforme sindacali. Pur essendo un costo effettivo ed imponderabile per le imprese, la delegazione veneta aveva con responsabilmente dato il via a tale richiesta solo all’interno di una logica di contenimento dei costi da recuperare attraverso le innovazioni della flessibilità. Il risultato del contratto è all’opposto. Anche la positiva conferma dell’apprendistato professionalizzante viene vanificata dagli altri punti contenuti nell’intesa raggiunta”.