I sempre troppi e gravi incidenti sul lavoro ci fanno riflettere sul modello economico e produttivo che stiamo vivendo, stretto tra difficoltà economiche, esigenze di produttività, incremento degli orari di lavoro con fatiche e pericolosità aggiuntive. La parte più produttiva del paese, quella del lavoro industriale, soffre la situazione di bassi salari, di fatiche rilevanti, di rischi maggiori. [//] Non basta evocare nuove leggi, l’applicazione severa delle norme, migliori condizioni di sicurezza. Certo la concorrenza internazionale ci spinge alla sempre più forte compressione dei costi di produzione, particolarmente quelli del lavoro. Ma siamo sicuri che sia la strada giusta, che sia una ipotesi vincente? O sarà una guerra infinita con i più poveri, i sottosviluppati, disposti ad ogni sacrificio e rischio per soddisfare bisogni primari per sopravvivere ? Il problema della crescita non può riguardare solo il costo del lavoro, ma un modello più generale, con una forte riduzione della spesa pubblica, di una inutile burocrazia spesso parassitaria ed inefficiente, freno anche allo stesso sviluppo delle attività dei cittadini. Le risorse per consentire più giustizia nel lavoro vanno trovate anche sfoltendo foreste di rami secchi, sacche di improduttività, inamovibilità sul territorio, insopprimibilità di enti inutili o superflui o sostituibili. La responsabilità effettiva e non virtuale dei dirigenti pubblici, il loro licenziamento per inefficienza, darebbero certo una spinta alla produttività del sistema più che il costringere i dipendenti a straordinari e lavoro eccezionale. Il sindacato ha in questo gravi quanto taciute responsabilità, non ha consentito la selezione delle priorità, né freni né accelerazioni. Del resto la rappresentanza contestuale di lavoratori industriali, pensionati, impiegati pubblici, rende simile il lavoro nei cantieri a quello del dipendente ministeriale con comprovati alti tassi di assenteismo. Il problema non è di sinistra o di destra, ma obbiettivo, relativo all’efficienza del Paese, alla sua giustizia interna, all’equilibrio nell’esercizio delle sue risorse e dei rapporti di forza sociali. Sindacati e politica lo hanno dimenticato troppo spesso.