Preoccupata dai dati Ocse che situa il nostro Paese agli ultimi posti nella classifica delle retribuzioni lavorative, a parità di potere d’acquisto degli stessi, la Confsal, la Confederazione generale dei sindacati autonomi con circa 1 milione di iscritti, affronta con decisione il problema. Lo fa non solo denunciando la cresciuta povertà dei lavoratori italiani – su cui si è pronunciata anche di recente e per cui ha chiesto un intervento del Governo al fine di abbassare le accise petrolifere -, ma proponendo una decisa svolta nel dibattito politico-sindacale.[//] “Occorre, ha dichiarato il segretario generale Marco Paolo Nigi, aumentare i salari percorrendo insieme due vie a diversa velocità: la prima legata a provvedimenti governativi che diminuiscano il carico fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori, la seconda trovando insieme forze politiche, sindacali e imprenditoriali, momenti sostenibili di raccordo tra retribuzioni e produttività. Si tratta di una via difficile, che genera ovvi e comprensibili preoccupazioni da parte dei sindacati che debbono vigilare sulla giustizia e sulla giustezza degli eventuali accordi, ma è una via che va intrapresa ed è meglio farlo insieme piuttosto che pregiudizialmente contrapposti”. Nigi ha proseguito: “ La Confsal, non basando il proprio operato e i propri indirizzi su presupposti ideologici e di partito, può dire liberamente che in Italia va salvato e salvaguardato anzitutto il lavoro e con essi i lavoratori. Il merito va tutelato con la stessa decisione con cui va tutelato il posto di lavoro; e la qualità della formazione e dell’istruzione deve pesare quanto la flessibilità. Solo così facendo si uscirà da uno stallo che è anche di cultura politica”.