Inedita inedita rilettura dell’opera di Mirò nell’ottica specifica del suo rapporto con la terra – terra intesa nella sua accezione più ampia e varia: dalle suggestioni del contado della nativa Catalogna alle simbologie archetipe dell’eterno ciclo della vita e della morte, della fecondità e della femminilità, oltre che come materia e materiali da esaltare nella ricerca e sperimentazione di nuove vie espressive – viene offerta, fino al 25 maggio, nella mostra titolata, appunto, “Mirò: la terra”, in corso a Ferrara presso il Palazzo dei Diamanti. [//]Realizzata da Ferrara Arte in collaborazione con il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid (dove si sposterà il 17 giugno) e curata, come il prezioso catalogo, da Tomàs Llorens, si articola in sezioni che, attraverso una scelta di un’ottantina di opere – dipinti, disegni, collage, sculture, in parte inediti per l’Italia – provenienti da musei prestigiosi e importanti collezioni mondiali, con criterio cronologico toccano le tappe più significative dell’iter evolutivo dell’artista, infaticabile sperimentatore di nuovi orizzonti tecnici ed espressivi fino alla fine della sua lunga vita (1893-1883). Il percorso inizia con l’emblematica tela ispirata dalla campagna catalana “La contadina”, dai grandi piedi saldamente ancorati alla terra, sorta di icona femminile del lavoro rurale e del ciclo della vita, per proseguire con opere sempre più oniriche e rarefatte culminanti nella serie dei contadini, qui rapresentati nella versione notturna del Museo Thyssen-Bornemisza e, in felice accoppiata, in quella diurna della National Galery di Washington. Si passa quindi ai collage e agli assemblaggi dei primi anni’30, con esempi di sperimentazione scultorea (“Oggetto”) e di uso di materiali diversi, dagli esiti anticipatori dell’Informale, e ad opere degli anni ’40 come “Donna”, composta da una tibia, una vertebra e un filo di acciaio, alquanto inquietante. Ancora più inquietanti le successive “Donne uccello”, frecce occhiute in legno, bronzo e ceramica, idoli di una femminilità tellurica che pur aspira ad elevati orizzonti. La sperimentazione caratterizza fin gli ultimi anni di Mirò. I “Sobreteixim” sono realizzati con i materiali più svariati su tessuti tagliati, bucati, bruciati. Come si era prefissato da tempo, Mirò aveva finalmente “ucciso” la pittura. La mostra si conclude con un’opera senile di imponenti dimensioni, “Figure e uccelli nella notte” (1974), di rara esposizione, dove la pennellata gestuale evoca notturne atmosfere e l’incessante trasmutare della natura.
Articolo a cura di Franca Barbuggiani