Che la vita sia sogno e il sogno vita è assioma di blasonate ascendenze. Ai nostri giorni, anche nel mondo della fotografia ne troviamo un convinto assertore: Duane Michals, esponente tra i più prestigiosi dell’avanguardia americana, del quale, presso il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri, si celebra fino al prossimo 14 settembre una ricca retrospettiva, curata, per l’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona, da Maurizio Fiorese e Enrica Viganò. [//]
Si tratta di una sintesi di ben 50 anni di carriera – dal 1958 al 2008 -, come recita il titolo della mostra, “Duane Michals ‘50’”, ricostruita in una selezione di circa 90 opere. Scopertosi fotografo quasi per caso durante una vacanza nella allora Unione Sovietica, Michals, nei suoi “ritratti”, “autoritratti”, “sequenze” e “foto-testi”, non fissa fatti ma evoca e suggerisce i fantasmi della vita e dell’intelletto. Per questo ha inventato un innovativo linguaggio, ricco di metafore e tendente a superare i limiti dello strumento fotografico, allusivo del continuo divenire della situazione umana, in cui il presente è già passato e tutto è soltanto ricordo, sogno, illusione. Egli opera due fondamentali operazioni di rottura rispetto ai canoni tradizionali della fotografia quando, a partire dal 1966, supera l’autonomia delle singole immagini e, dal 1974, inizia a scrivere sulla superficie delle stampe brevi testi a mano. Le “sequenze” testimoniano la prima innovazione. Sono vere e proprie storie di fantasia, piccole “fiction” metafisiche e metaforiche. Come “The spirit leaves the body”, o “The human condition”, o “The young girl’s dream”, o “The bogeyman”, dove le paure, i tabù, il transeunte della vita si esorcizzano con un tocco leggero di ironia. Ma non si dica che esse rappresentano la sublimazione del desiderio represso di Michals di fare cinema perché, come lui direbbe, la “sua” sintassi è ben diversa! Le “sequenze” presentano, inoltre, in nuce – in forma di titoli – l’altra grande provocazione di Michals, che egli svilupperà più compiutamente nei foto-testi, integrando le immagini con la narrazione scritta e compiendo così una virata in senso decisamente concettuale. Emblematica “There are things here not seen in this photograph”, in cui la “fiction” è tutta nelle parole, mentre l’immagine diviene mera scenografia. Talvolta i testi vestono metrica e rime, come in “Sarajevo”, in cui lo scorcio del soggetto rimanda a metaforiche suggestioni mantegnesche. Le possibilità intrinseche al mezzo fotografico – il mosso, lo sfuocato, l’esposizione multipla o il sandwich di negativi – divengono in Michals formidabili strumenti innovativi per distruggere, come egli stesso afferma, la realtà oggettiva, convinto com’è che noi “viviamo sulle nostre emozioni”. Ecco, dunque, anche i ritratti e gli autoritratti riflettere il mondo emotivo e onirico dei soggetti. Mirabile la serie dedicata ad artisti come De Chirico, Duchamp, Clouzot, Andy Warhol, Truffaut e, soprattutto, Magritte. Completano l’esposizione alcuni significativi esempi della sua produzione dell’ultimo decennio, tra cui la serie dedicata alla cultura del Sol Levante, dove si rimarca l’insolito uso del colore come ulteriore mezzo espressivo, e alcune opere nelle quali, tra ironia, satira e parodia, Michals esprime la sua posizione nei confronti dell’arte contemporanea e dei testi della critica ufficiale.
Franca Barbuggiani
“Duane Michals ‘50’” Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri Cortile del Tribunale (Piazza Viviani) – 37121 Verona +39 045 8007490
Orari: da martedì a domenica 10.00-19.00
Visite guidate: tutte le domeniche ore 11.00
Biglietto intero: 4,10 €; ridotto: 2,10 €; ragazzi e scolaresche 1,00 €
Info: +39 045-8013732-8000574-8007020-8046922 www.comune.verona.it/scaviscaligeri/
Fino al 14 settembre