Mostre: a Verona Marc Quinn
Frutto di una proficua collaborazione tra realtà operative pubbliche e private, l’estate veronese impreziosisce, fino al 27 settembre, i suoi siti urbani più significativi con le intriganti opere del quarantacinquenne artista inglese Marc Quinn, esponente di spicco, con Damien Hirst e Tracey Emin, della Young British Art. [//] La sinergia organizzativa e di intenti ha unito, auspici il sindaco Flavio Tosi e l’assessore alla Cultura del Comune di Verona Erminia Per bellini, con il contributo di ArtVerona che in settembre ospiterà all’ingresso un’ulteriore opera monumentale di Quinn, la Galleria d’Arte Moderna Palazzo Forti e Byblos Art Galery. Proprio su proposta del direttore della Byblos, Masha Facchini, figlia dell’industriale della moda e collezionista d’arte Dino, le opere di Quinn sono arrivate a Verona, dopo essere state a Londra e a New York, dando vita a un’operazione di respiro internazionale, curata dal direttore della GAM (Galleria d’Arte moderna e contemporanea) di Torino Danilo Eccher, che è stata selezionata quale evento collaterale alla 53ma Biennale di Venezia. Le opere, mirabilmente dialoganti con l’esistente, danno vita a un percorso che, per volontà dello stesso Marc Quinn, ha il suo fulcro nella Casa di Giulietta. Luogo reale e magico ad un tempo, come la sensibilità dell’artista lo ha percepito, tanto da voler persino elevare, con la propria firma, a rango di opera d’arte i celebri graffiti che ne ricoprono le pareti, portando così in tutto il mondo questo simbolo di Verona, fatto raccogliendo le firme degli innamorati su bianche tele sovrapposte ai muri. Un luogo ideale, quindi, per una mostra che fa riferimento al “Mito”. A quello shakespeariano, soprattutto, nelle tematiche di amore e morte. Ma non solo. Ecco, quindi, a contraltare moderno della romantica e pudica Giulietta di Costantini nel cortile del balcone, una bellissima Kate Moss, tutta d’oro, all’interno. Inquietante nella contorsionistica figura yoga in cui è ritratta, sguardo fisso e vuoto, assurge a icona di bellezza e di trasgressioni costose e allucinate. In equilibrio ancor più improbabile, Kate Moss, bianca nel bronzo dipinto, dialoga inoltre open air con la romana Porta Borsari. Ma torniamo alla Casa di Giulietta. Tra ironia e iperbole, ecco due candidi scheletri fare sesso; poi c’è il bacio tra due bellissimi giovani dalle braccia imperfette o assenti, mentre Thomas Beatie, in bianco marmo di Carrara, immortala con il suo pancione l’avventura di un trans, passato da donna a uomo e quindi, preso da desiderio di maternità, nuovamente a donna per poter realizzare il proprio desiderio. Altra gravidanza “particolare”, quella di Alison Lapper, donna focomelica ritratta, essa pure, in marmo bianco di Carrara in posizione seduta e collocata, troneggiante e monumentale come un’antica divinità, accanto all’imponente parallelepipedo della Gran Guardia. Le stanze di Giulietta ospitano anche un coloratissimo giardino, in realtà algido e poco rassicurante, come la grande orchidea nel cortile di Castelvecchio, inquietante fauce spalancata sull’osservatore e foriera di un destino di decomposizione