Nuove occasioni di affari per le aziende italiane del settore del marmo e della pietra. Nel Paese dei cedri è cresciuto nel 2008 l’export dei materiali, sempre più apprezzati dalle imprese mediorientali. Il piano di ricostruzione del Libano dopo la guerra del 2006. [//]

Trovare nuove opportunità per le aziende italiane del settore marmo-lapideo, utilizzando Marmomacc come piattaforma promozionale internazionale per sostenere le produzioni italiane nei mercati in questo momento più dinamici, come il Libano e l’area del Golfo. E’ uno degli obiettivi fondamentali della 44ª edizione della Mostra internazionale di marmi, pietre, design e tecnologie, in programma dal 30 settembre al 3 ottobre prossimi a Veronafiere (www.marmomacc.com), che a fine luglio, nonostante il momento di difficoltà del comparto, ha registrato più di 1.400 iscrizioni di espositori da una cinquantina di paesi – nuove presenze da Algeria, Siria, Slovenia, Afghanistan e Tunisia –, su una superficie netta di 75mila metri quadrati.

Gli stati mediorientali, sia quelli mediterranei come il Libano e la Siria, sia quelli che si affacciano sul Golfo Persico, rappresentano un ottimo canale di sbocco per i prodotti del made in Italy quali marmo, pietre e macchinari, soprattutto in una congiuntura negativa come l’attuale.

A dispetto della situazione economica globale, l’economia libanese, in particolare, mostra segni di ripresa ed i progetti immobiliari – nella maggior parte di grande pregio – già avviati o pianificati sono numerosissimi e assai significativi. Basti ricordare il progetto «Isola del Cedro», l’isola artificiale che la Noor International Holding , un colosso capace di un fatturato annuo superiore ai 100 miliardi di euro, vuole costruire a sud di Beirut. Sempre Noor International ha lanciato, da qualche settimana, il progetto per la creazione di una società per lo sviluppo di progetti immobiliari, di standard elevato, in Libano e nella Regione.

Proprio il Libano, infatti, è storicamente la porta d’accesso privilegiata a questi mercati: il paese ha un’industria lapidea avanzata, attrezzata con moderne tecnologie ed esporta il 40-50 per cento della produzione annua verso i paesi del Golfo.

Il prodotto italiano è estremamente apprezzato: il nostro Paese, nel 2008 e nonostante la crisi locale dovuta alle tensioni politiche interne, ha aumentato il suo export di circa il 4 per cento rispetto all’anno precedente, passando da 12,11 a 12,57 milioni di dollari. I marmi più richiesti sono ancora quelli bianchi di Carrara, ma il mercato apprezza sempre di più anche quelli colorati.

Il regime doganale libanese prevede che i blocchi di pietra, le macchine, le attrezzature per l’industria lapidea siano esenti da dazio. Un dato che si riflette naturalmente sulla composizione dell’export italiano: il Libano ha importato nel 2008 blocchi di marmo per un valore di 19,6 milioni di dollari (il 40 per cento del quale dall’Italia per 7,9 milioni di dollari) e blocchi di granito per 1,2 milioni di dollari (qui l’Italia ha una quota del 26 per cento).

Significativo anche l’export italiano per le piastrelle di marmo non lucidate, con una quota del 24 per cento ed un valore per il 2008 di 2,5 milioni di dollari.

L’importazione del marmo in lastre invece è condizionata dai dazi che gravano su questi prodotti: il regime doganale è difatti diversificato: le lastre lucidate pagano un dazio del 25 per cento, mentre per quelle non lucidate il dazio è solo del 5 per cento. Di conseguenza l’export riguarda soprattutto lastre non lucidate.

In questo quadro economico, l’accordo politico di Doha del maggio dello scorso anno ha permesso una ripresa dell’economia libanese con una crescita, secondo i dati del Fondo monetario internazionale (Fmi), dell’8 per cento. In Libano è in corso in corso un massiccio piano di ricostruzione dopo i danni causati dalla guerra con Israele del 2006. L’ufficio Ice (Istituto nazionale per il commercio estero) di Beirut ha attivato un prezioso osservatorio sulle iniziative di ricostruzione del Libano, per fornire alle imprese italiane il necessario supporto di base, nella valutazione di una possibile partecipazione alle gare e alle forniture di beni e servizi.

Per dare un’idea delle dimensioni del programma di ricostruzione, bastano alcuni dati forniti dal governo libanese: i danni diretti del conflitto arrivano a circa 2,8 miliardi di dollari, quelli indiretti ad oltre 5 miliardi. Sono stati distrutti o danneggiati 97 ponti, 175 centrali telefoniche, 612 scuole: oltre 30 mila edifici residenziali sono da ricostruire o ristrutturare. Una significativa parte della ricostruzione avviene grazie agli aiuti internazionali che finanziano progetti nei vari settori civili ed industriali. L’ufficio Ice di Beirut, anche in questo caso, dispone di un quadro completo ed aggiornato di tutti i programmi, e la lista delle gare internazionali bandite.

L’industria del marmo e della pietra italiana, con l’aiuto di Marmomacc, può quindi individuare l’intera area come un mercato di notevole interesse per potenziare la propria presenza commerciale.