Era gremita la Sala Convegni della Gran Guardia per l’incontro organizzato dalla Fondazione Giorgio Zanotto e dal Centro di Cultura Europea Sant’Adalberto con il giornalista e scrittore Marcello Veneziani su Il senso della vita tra caso, destino e provvidenza. L’incontro è stato patrocinato dall’ateneo scaligero e dal Comune, e si colloca nell’ambito delle quattro giornate di Studio del Centro di Cultura e Spiritualità Calabriana – Opera Don Calabria, che hanno ricevuto l’accredito della facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Verona. [//]Lo spunto è stato fornito dal tema dell’ultimo libro di Marcello Veneziani: Amor fati. La vita tra caso e destino, scaturito da una riflessione appassionata sul destino, il caso e la provvidenza, alla ricerca di un disegno intelligente di vita nell’epoca attuale, che ne appare priva, dominata com’è dalla tecnica e dall’economia. Amor fati affronta il bisogno di senso e di sacro in un tempo che ha perduto il passato e il futuro, ingoiati dal presente. In un’epoca fondata sull’agito ergo sum, Marcelle Veneziani definisce l’Amor fati la serenità degli inquieti Nei capitoli del libro l’autore affronta di volta in volta il destino dei popoli e il declino della storia, l’importanza del gioco e la solitudine globale, in un percorso animato da un amore metafisico per la realtà. Con Marcello Veneziani hanno dialogato Giuseppe Perazzolo, storico dell’Opera Don Calabria, scrittore e collaboratore alla cattedra di Storia della Pedagogia all’Università di Verona, e Carlo Bortolozzo, Presidente del Centro di Cultura Europea Sant’Adalberto e saggista letterario, collaboratore di varie riviste e associazioni culturali, che lo hanno sollecitato su alcuni punti.
“Oggi – ha affermato Veneziani – abbiamo tutto, meno il senso della vita. Ci limitiamo a viverla al massimo delle sue possibilità, in modo a volte parossistico, senza farci domande sul perché viviamo. I quesiti sul destino e la provvidenza sono stati abbandonati in nome della libertà, che è la base del pensiero moderno. E per la prima volta avvertiamo un cortocircuito di spazio e tempo, che produce sradicamento, e «attimismo», cioè scomparsa del passato e del futuro nell’attivismo del presente. Ma liberandoci dalla pesante cappa del destino – continua – abbiamo congedato un cupo tiranno per affidarci ad un altro ancora più capriccioso che è il caso, e tutto questo in nome della ragione. Il paradosso è che liberarci dal destino ci ha lasciati in balìa del caso, salvo poi ricorrere alla superstizione dei segni zodiacali, degli oroscopi e della scaramanzia, che tradisce il bisogno di stabilire un nesso tra ciò che siamo e facciamo e i movimenti cosmici, tra la nostra vita e le vite di altri uomini. Senso del destino è invece senso degli uomini e del tempo – aggiunge – è scommettere che non siamo il frutto di una combinazione casuale ma parte di un disegno.” Veneziani ripercorre le tappe della filosofia, tenta di superare Nietzsche e il nichilismo, riallacciandosi ai classici e alla tradizione neoplatonica, approdando ad un Amor fati che è antidoto al fatalismo contemporaneo, che accoglie l’essere nel suo accadere, facendo convergere libertà e destino. “Sul piano pratico – specifica – Amor Fati significa accettare la vita, i propri limiti e le proprie responsabilità. Non è rinuncia a scegliere ma libertà di scegliere, dando un significato alla propria storia, accettando l’idea di un disegno intelligente di vita.” Ma nel libro Veneziani volutamente non si interroga sull’autore del disegno: si ferma alle soglie della ragione, oltre cui c’è la scommessa della fede. E sollecitato sul destino come provvidenza, il giornalista scrittore spiega che: “Fatica a vedere l’intervento incessante di Dio nelle vicende storiche. Forse va immaginata una provvidenza minore, quella operata dagli angeli e i santi. Ma – conclude – il senso del sacro appartiene alla nostra vita soprattutto quando ne avvertiamo la mancanza ed è da questo senso di incompletezza che dobbiamo partire, da questa necessità di qualcosa che ci porti oltre la nostra finitudine.”