Busta paga unica europea, il Veneto in Commissione per chiedere una direttiva e renderla obbligatoria
La mobilità dei lavoratori all’interno dell’Unione europea è una realtà numericamente ancora modesta, ma in crescita. E la busta paga unica europea, progetto promosso dalle realtà venete di Ancl, Aniv ed Eurosportello del Veneto, può essere uno strumento determinante alla sua agevolazione. Uno strumento da affiancare alle politiche che la Commissione sta adottando per favorire la libera circolazione dei lavoratori fra gli Stati membri. La busta paga, infatti, non ha un formato obbligatorio specifico, in nessun Paese europeo. E nessun Paese europeo è un campione di trasparenza. Quel che si propone, invece, è l’utilizzo di un documento dove vi siano tutti i dati contributivi e previdenziali a carico del lavoratore e del datore di lavoro, le eventuali agevolazioni e dove siano indicati anche i progressivi fiscali e previdenziali. I vantaggi sarebbero immediati: sarà subito chiaro quanto pesa il cuneo fiscale, in una vera e propria operazione di trasparenza, e la presenza dei progressivi renderebbe inutile a fine anno produrre documenti riepilogativi come il Cud ai fini reddituali, oltre ad altre conseguenze dirette alla minor burocrazia. Inoltre, grazie alla codifica numerica dei campi, non ci sarà bisogno di una traduzione per leggerla, cosa importante per la gestione del personale delle aziende con filiali all’estero e, soprattutto, per gli stessi lavoratori che si troveranno ad esercitare la propria opera in più Paesi. In un seminario di UnioCamere Veneto è stata oggi presentata la bozza di busta paga europea elaborata da Centro Paghe srl in base alle indicazioni di Ancl, Aniv ed Eurosportello, che hanno aperto mesi fa un tavolo tecnico. [//] Sottolinea Gian Angelo Bellati, segretario generale Unioncamere Veneto «Per fare integrazione, non basta andare in giro come turisti. Il vero modo è il lavoro e facilitare la mobilità dei cittadini europei ci permette di migliorare: nel Veneto lavorano 250mila persone provenienti da altri Stati membri, dal Veneto sono andati in altri Paesi Ue 250mila lavoratori. Non c’è pericolo di invasione o di furto del lavoro. Il sistema funziona e deve crescere ancora». DATI (dalla relazione di C. Loup, fonte: DG EMPL EU Employment and Social Quarterly April 2013) 13,6 milioni cittadini europei risiedenti in uno Stato membro diverso da quello d’origine 6,6 milioni cittadini europei che vivono e lavorano in uno Stato membro diverso da quello d’origine 1,2 milioni lavoratori europei transfrontalieri 1,2 milioni lavoratori europei distaccati 940mila cittadini europei che cercano lavoro in uno Stato membro diverso da quello d’origine I 6,6 milioni di europei che vivono e lavorano in un altro Stato membro rappresentano il 3,1% della popolazione della Ue. Questa cifra di mobilità intra-europea è piuttosto bassa, soprattutto se paragonata alla mobilità interna degli Stati Uniti d’America.