C’è qualcuno che non rosica nel grande accordo Fiat-Chrysler che tiene giustamente banco in questi giorni. E sono gli operai italiani che non soltanto hanno pagato sulla viva carne la crisi degli ultimi vent’anni con lo scadimento del loro salario e la lesione della propria professionalità (messa in discussione dai lavori forzati cui sono sottoposti i loro “colleghi” in Cina, Pakistan, India, Bangladesh e paradisi analoghi), ma che oggi vedono come la tutela dei blue-collars statunitensi sia molto più efficace di quella barricadiera che è stata “garantita” dalle Confederazioni sindacali italiane. I loro colleghi di Detroit guadagnano poco più di loro, lavorano di più, non sono impegnati in battaglie politiche per difendere i diritti del pubblico impiego e di chi è al riparo dalla competizione globale, pagano meno tasse, ma – soprattutto – hanno investito col “padrone”, hanno avuto un governo super-partes che ha guardato al complessivo interesse nazionale ed oggi incassano qualche miliardata di dollari con cui si pagheranno le pensioni e l’assistenza sanitaria. Da noi, i nostri operai, dovranno assistere (già lo subiscono in queste ore) ai balletti, ai rituali di sindacalisti che in catena di montaggio non hanno passato nemmeno un’ora della loro vita, che sono più attenti ai tormenti di casa Pd o del polo centrista, che sanno tutto delle beghe giudiziarie di SB, ma non come si gestisce una macchina a controllo numerico. Un sindacato che a colpi di scioperi generali li ha riempiti di “diritti politici e sindacali” , ma certo non della certezza del lavoro, che non li ha messi al riparo dal dumping sociale che, strano, i sindacalisti nostrani non combattono con la necessaria fermezza.[//] Li hanno messi in contrapposizione dura con le proprietà industriali senza preoccuparsi se li esponevano ancor più alla deindustrializzazione. La globalizzazione delle relazioni industriali renderà sempre più palese che in Italia oltre a rottamare la classe politica c’è da lavorare con l’accetta anche nelle rappresentanze. La “seconda repubblica” dei sindacati non è mai iniziata mentre la società italiana viaggia veloce verso la “terza”. E, molto presto, si accorgerà che di sovrastrutture scarsamente utili come queste ne può fare benissimo a meno.