Un risparmio medio per singola impresa di 5,2 euro al mese a fronte di 2,5 miliardi di effetto recessivo per l’economia italiana. Questi i “benefici” del taglio del 50% del diritto annuale versato dalle aziende alle Camere di Commercio deciso dal Governo col decreto legge 90/2014. L’”operazione verità”, condotta da CGIA di Mestre e Unioncamere Veneto, è racchiusa nei numeri dello studio «Il Sistema camerale in Italia: ruolo, valore ed identità», presentato stamane nella sede di Unioncamere Veneto da Giuseppe Bortolussi, segretario CGIA di Mestre, e Fernando Zilio, presidente Unioncamere Veneto. L’incidenza del Sistema camerale sulla spesa pubblica nazionale rappresenta lo 0,2%, pari a 1,8 dei 715 miliardi di spesa pubblica primaria, la cui voce preponderante riguarda gli Enti previdenziali col 43,7% (le Province incidevano l’1,4%, le Regioni il 4,5%, le Amministrazioni centrali il 24,1%). La riduzione del 50% del diritto annuale a partire dal 2015 comporterebbe un risparmio medio annuo di circa 63 euro ad impresa (5,2 euro al mese), mentre per le ditte individuali un “alleggerimento” di 2,6 euro al mese. Di contro ci sarà una perdita di risorse di oltre 400 milioni di euro all’economia dei territori sulle voci export, credito, turismo, innovazione, formazione. Oltre 2.500 i posti di lavoro a rischio e un aggravio sulle casse dello Stato di 167 milioni di euro (89 per il personale; 22 per gli oneri previdenziali delle Cciaa della Sicilia; 46 di minori versamenti, imposte e tasse), ma soprattutto un effetto recessivo di circa 2,5 miliardi di euro, pari allo 0,2% di valore aggiunto del Pil. «Matteo Renzi deve essere stato male informato oppure sconta cattive esperienze. Ma dal momento che ritengo sia persona in grado di valutare e correggere la propria linea in presenza di documenti inoppugnabili, direi che questo studio condotto da Unioncamere Veneto e CGIA di Mestre possa ricondurlo sulla strada della riconsiderazione della questione attinente alle Camere di Commercio» sottolinea il presidente Unioncamere Veneto Fernando Zilio, che lascia a Giuseppe Bortolussi il compito di dimostrare, dati alla mano, che la spesa statale per le Cciaa è minimale ma non rinuncia a sottolineare due aspetti dell’azione camerale. «Mi chiedo chi altri, se non le Camere di Commercio, avrebbe potuto sostenere le imprese attraverso l’erogazione nei confronti dei Confidi dei fondi atti ad aumentare la disponibilità dei plafond e, quindi, a fungere da vero e proprio “salvagente” per un sistema economico che non ha certo avuto aiuti dallo Stato né sotto forma di detassazione, né sotto forma di liquidazione dei debiti contratti con le singole imprese. E mi chiedo anche chi possa vantare, nel variegato mondo del servizio pubblico, un indice di gradimento che supera l’80% espresso dalle aziende con meno di 50 dipendenti e addirittura sfiori il 90% per quelle che hanno un numero maggiore di addetti» riferendosi all’indagine ISPO commissionata dall’Istituto Tagliacarne. «Non siamo qui per mantenere in vita, con accanimento terapeutico, un malato terminale. Siamo invece qui per evitare che i giusti risparmi sul fronte pubblico non finiscano per tagliare, se non l’unica, comunque una delle realtà più virtuose. Il sistema delle Camere di Commercio e delle Unioni Regionali, soprattutto in alcune regioni tra cui il Veneto, sono garanzia di sviluppo per le imprese e di sostegno alla loro azione sia sul mercato interno che estero. Renzi, che – ripeto – sa correggere il tiro quando le evidenze sono palesi, non faccia come quel marito che per far dispetto alla moglie…». Resta un’ultima riserva: «Come lo studio dimostra, nulla in tutto questo giustifica un azzeramento o un ridimensionamento del Sistema camerale, a meno che il polverone alzato non sia il pretesto per un attacco alle Camere, tenendo sullo sfondo l’agenda digitale e la privatizzazione dei servizi oggi offerti dalle Cciaa». [//] «Non sempre sono stato d’accordo con le Camere di Commercio ma, analizzando i dati, ho riscontrato che la situazione è migliore di quanto mi aspettassi. Le Camere di Commercio rappresentano un federalismo compiuto, la vera perequazione orizzontale – commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre –. Svolgono compiti di eccellenza come il sostegno al credito, l’internazionalizzazione, la formazione. Sono fondamentali per il tessuto economico, non solo per le piccole e medie imprese, ma per le stesse Associazioni di categoria. Se del resto le Camere di Commercio esistono in tutti i Paesi sviluppati un motivo ci deve pur essere. Questo non significa che non debbano riformarsi, si può anche pensare a una riduzione del diritto annuale ma chi compenserà i servizi che le Cciaa non saranno più in grado di garantire? La stessa Agenda digitale potrebbe essere tranquillamente coordinata dal Sistema camerale». Nel decennio 2003-2012 la variazione del personale delle Camere di Commercio in Italia è stata del -11,9% (7.542 dipendenti al 2012) a fronte di una variazione della Pubblica amministrazione del -6,9%. Sul fronte dell’autofinanziamento, per ogni 100 euro di proventi correnti 81 derivano da risorse proprie (diritto annuale, diritti di segreteria, proventi dalla gestione di beni e servizi) dipendendo solo per il 19% da risorse esterne come, ad esempio, i contributi Ue. Proprio per la partecipazione ai finanziamenti Ue e al processo di formazione del diritto europeo esistono i Consorzi Enterprise Europe Network, di cui Eurosportello Veneto è coordinatore per il Nordest. La dotazione del Fondo di perequazione delle Cciaa nel 2012 era di 39,4 milioni di euro, la metà destinata a contributi per l’equilibrio economico di quelle Camere che presentano un ridotto numero d’imprese, evitando così diseconomie di scala. Il rimanente viene destinato al finanziamento di progetti camerali e linee progettuali contenute nell’accordo Ministero dello Sviluppo Economico-Unioncamere. Nel 2012 le Camere di Commercio hanno erogato 81,6 milioni di euro a sostegno del credito, di cui 28,5 milioni nel Nordest.