C’è vita nei laghi subglaciali dell’Antartide, ambienti estremi immersi nell’oscurità, sottoposti a pressione elevatissima, da millenni isolati dall’atmosfera dalla spessa calotta glaciale. La scoperta ha implicazioni sugli studi riguardanti la vita in vari ambienti estremi sia terrestri che di altri pianeti del sistema solare. Sviluppando un’innovativa tecnologia di perforazione ‘ad acqua calda’ e raggi ultravioletti, protetta così dal rischio di contaminare ambiente e campioni, i ricercatori hanno prelevato microrganismi viventi nelle acque del lago subglaciale Whillans, coperto da 800 metri di calotta glaciale. La presenza di ecosistemi nei laghi subglaciali è tale da influenzare la composizione chimica e biologica dell’Oceano Meridionale, il mare vasto e biologicamente produttivo che circonda il continente Antartico, sostengono i ricercatori in un articolo pubblicato oggi sulla rivista scientifica Nature e intitolato “A microbial ecosystem beneath the West Antarctic Ice Sheet”. Tra gli autori, l’italiano Carlo Barbante, chimico e paleoclimatologo dell’Università Ca’ Foscari Venezia e direttore dell’Istituto per le dinamiche dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr). L’articolo ha come co-autori ricercatori da Montana State University, Scripps Istitution of Oceanography, St. Olaf College del Minnesota, University of Tennessee e la britannica Aberystwyth University. Il [//]risultato è frutto del progetto di ricerca internazionale WISSARD finanziato con oltre 10 milioni di dollari dalla statunitense National Science Foundation, dalle agenzie statunitensi NASA e NOAA e dalla Gordon and Betty Moore Foundation. In Italia è supportato dal Programma Nazionale Ricerche in Antartide (PNRA). Nel gennaio 2013, Barbante partecipò alla missione WISSARD per la raccolta di acqua e sedimenti dal lago. Alcuni di quei campioni sono stati analizzati chimicamente a Venezia, nella clean room del Dipartimento di Scienze Ambientali di Ca’ Foscari, un laboratorio a contaminazione controllata nel quale gli scienziati possono identificare ultratracce, cioè la presenza di sostanze a bassissima concentrazione.
«Ora è evidente che forme di vita si sono sviluppate anche nelle estreme condizioni ambientali dei laghi subglaciali – spiega Carlo Barbante – Le implicazioni sono molte. Questi ecosistemi, attraverso la rete di bacini e corsi d’acqua di cui fa parte il lago Whillans, potrebbero avere un ruolo significativo nello scambio di nutrienti con le acque del Mare di Ross, uno dei mari dell’Oceano Meridionale che circonda il continente. Le analisi chimiche condotte a Venezia hanno contribuito a dimostrare come nei laghi subglaciali, dove non c’è luce, i microrganismi assorbano e scambino energia grazie a particolari reazioni chimiche di ossidoriduzione. Inoltre, questa ricerca suscita grande interesse da parte degli scienziati che studiano la vita in altri ambienti estremi e negli altri pianeti».
La chiave per la scoperta è stata l’uso di una tecnologia pulita di perforazione: il foro di circa 60 centimetri di diametro è stato ‘scavato’ nel ghiaccio iniettando acqua calda filtrata e purificata da fasci di raggi UV. Gli scienziati hanno potuto così prelevare acqua e sedimenti direttamente dal lago senza correre il rischio di contaminarli. La scoperta pubblicata oggi su Nature è la più importante raggiunta in due decenni di ricerche sul vasto sistema di fiumi e laghi che esiste sotto la calotta antartica. Tracce di batteri erano già state trovate in passato in campioni di ghiaccio di accrescimento formato dal congelamento dell’acqua del grande lago Vostok, prelevati, però, tramite un pozzo di perforazione contaminato dall’uso di un idrocarburo. Le nuove tecniche e i protocolli di campionamento messi a punto da WISSARD e usati nel lago Whillans, dunque, hanno permesso la prima analisi di acqua e sedimenti incontaminati.
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24/11/2024
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