Il Presidente di Confartigianato Verona, Andrea Bissoli, introduce così uno studio della Confederazione artigiana, su dati della Banca d’Italia, che, tra le 110 province italiane, colloca Verona all’83% posto nella classifica nazionale delle sofferenze bancarie rispetto agli impieghi, a carico del totale delle imprese scaligere.
Secondo l’analisi a livello nazionale, a giugno 2015 a fronte di crediti bancari ad imprese e famiglie per 1.532,4 miliardi di euro, si registrano crediti deteriorati per 348,9 miliardi, pari al 22,8% del credito totale, e tra questi le sofferenze raggiungono i 204,6 miliardi, pari al 13,4% dei crediti; il tasso di copertura delle sofferenze – dato dall’ammontare delle rettifiche di valore in rapporto alla corrispondente esposizione lorda – è del 58,7%.
La comparazione europea proposta nel Fiscal Sustainability Report 2015, pubblicato lo scorso 18 gennaio, evidenzia che nel 2014 la quota di prestiti deteriorati in Italia è del 15,8%, superiore al 6,9% della Spagna, al 3,6% della Francia, e al 2,5% della Germania.
Nell’ultimo anno la loro crescita è stata di 2,9 punti, superiore all’aumento di 0,7 punti in Germania mentre in Francia e Spagna la quota di NPL è scesa di 1 punto.
Sulla base dei dati per classe di grandezza della sofferenza del Bollettino statistico di Banca d’Italia, pubblicato venerdì scorso, si osserva che al III trimestre 2015 il 70,3% delle sofferenze nette – al lordo delle svalutazioni e al netto dei passaggi a perdita eventualmente effettuati – si concentra sopra i 500.000 euro, e si riferisce al 4,7% degli affidati, con un valore medio di 2,2 milioni di euro, maggiormente compatibile con il taglio del finanziamento di medie e grandi imprese.
“Sotto tale soglia – afferma il Presidente di Confartigianato Verona – troviamo il 95,3% degli affidati in sofferenza che rappresentano solo il 29,7% dell’importo, con un valore medio di 46mila euro”.
Considerando i prestiti al totale delle imprese, al III trimestre 2015 l’incidenza delle sofferenze è pari al 16,8%; una maggiore incidenza, pari al 27,6%, nelle Costruzioni, segue con il 16,4% il Manifatturiero e con il 13,9% il comparto dei Servizi ad altri. [//]
Il peso delle sofferenze è più elevato nel Mezzogiorno, arrivando al massimo del 24,3% nelle Isole, seguito dal 22,9% del Sud; per il Centro si scende al 20,2% per il Nord Est al 14,6% e nel Nord Ovest al minimo del 13,3%.
In Veneto si conta un totale di 97.175 milioni di euro di impieghi bancari da parte del totale delle imprese, con 15.434 milioni di sofferenze, che incidono, dunque, per il 15,9%, piazzando la nostra regione ad un positivo tredicesimo posto tra le 20 regioni italiane.
Per le società non finanziarie, gli impieghi sono di 87.147 milioni, mentre le sofferenze raggiungo i 14.277 milioni, equivalenti al 16,4%.
I crediti bancari in sofferenza per le “famiglie produttrici”, che la Banca d’Italia individua nelle imprese individuali e in quelle con meno di 5 addetti, invece, corrispondono a 1.157 milioni di euro, su un totale di 10.028 di impieghi (11,5%).
Anche Verona non se la cava male sul totale delle 110 province italiane. Il suo 83° posto nella classifica delle sofferenze, per il totale delle imprese, è dato da 3.045 milioni di euro sui 20.642 degli impieghi, corrispondenti al 14,8%.
Decisamente inferiore la percentuale delle sofferenze bancarie riconducibile alle micro e piccole imprese veronesi, che, con 266 milioni sui 2.443 degli impieghi, arriva al 10,9%, mentre alle società non finanziarie, in terra scaligera, su 18.199 milioni di euro di impieghi, vanno imputati 2.779 milioni di euro di sofferenze, equivalenti al 15,3%.
“Per chiarire meglio – spiega Andrea Bissoli, Presidente di Confartigianato Verona – con il termine ‘impiego’ si intende l’insieme di operazioni mediante le quali le banche concedono, a famiglie e imprese, risorse finanziarie che si sono procurate con operazioni di provvista.
Tra queste: l’apertura di credito in conto corrente, i mutui attivi, i crediti ipotecari, i prestiti personali, il leasing finanziario, la cessione del credito del cliente alla banca e gli anticipi su fatture emesse. La sofferenza, invece, è un credito che la banca vanta nei confronti di soggetti in stato d’insolvenza. Come rilevato dallo studio di Confartigianato, nell’ultimo anno la crescita delle sofferenze è pressoché interamente (91,8%) concentrata negli importi superiori a 500.000 euro, che sono generalmente ben lontani dalle somme che richiedono famiglie e micro e piccole imprese. Qui a Verona non stiamo male, ma, guardando il confronto con l’Europa, stare bene è tutta un’altra cosa”.
La comparazione europea proposta nel Fiscal Sustainability Report 2015, pubblicato lo scorso 18 gennaio, evidenzia che nel 2014 la quota di prestiti deteriorati in Italia è del 15,8%, superiore al 6,9% della Spagna, al 3,6% della Francia, e al 2,5% della Germania.
Nell’ultimo anno la loro crescita è stata di 2,9 punti, superiore all’aumento di 0,7 punti in Germania mentre in Francia e Spagna la quota di NPL è scesa di 1 punto.
Sulla base dei dati per classe di grandezza della sofferenza del Bollettino statistico di Banca d’Italia, pubblicato venerdì scorso, si osserva che al III trimestre 2015 il 70,3% delle sofferenze nette – al lordo delle svalutazioni e al netto dei passaggi a perdita eventualmente effettuati – si concentra sopra i 500.000 euro, e si riferisce al 4,7% degli affidati, con un valore medio di 2,2 milioni di euro, maggiormente compatibile con il taglio del finanziamento di medie e grandi imprese.
“Sotto tale soglia – afferma il Presidente di Confartigianato Verona – troviamo il 95,3% degli affidati in sofferenza che rappresentano solo il 29,7% dell’importo, con un valore medio di 46mila euro”.
Considerando i prestiti al totale delle imprese, al III trimestre 2015 l’incidenza delle sofferenze è pari al 16,8%; una maggiore incidenza, pari al 27,6%, nelle Costruzioni, segue con il 16,4% il Manifatturiero e con il 13,9% il comparto dei Servizi ad altri. [//]
Il peso delle sofferenze è più elevato nel Mezzogiorno, arrivando al massimo del 24,3% nelle Isole, seguito dal 22,9% del Sud; per il Centro si scende al 20,2% per il Nord Est al 14,6% e nel Nord Ovest al minimo del 13,3%.
In Veneto si conta un totale di 97.175 milioni di euro di impieghi bancari da parte del totale delle imprese, con 15.434 milioni di sofferenze, che incidono, dunque, per il 15,9%, piazzando la nostra regione ad un positivo tredicesimo posto tra le 20 regioni italiane.
Per le società non finanziarie, gli impieghi sono di 87.147 milioni, mentre le sofferenze raggiungo i 14.277 milioni, equivalenti al 16,4%.
I crediti bancari in sofferenza per le “famiglie produttrici”, che la Banca d’Italia individua nelle imprese individuali e in quelle con meno di 5 addetti, invece, corrispondono a 1.157 milioni di euro, su un totale di 10.028 di impieghi (11,5%).
Anche Verona non se la cava male sul totale delle 110 province italiane. Il suo 83° posto nella classifica delle sofferenze, per il totale delle imprese, è dato da 3.045 milioni di euro sui 20.642 degli impieghi, corrispondenti al 14,8%.
Decisamente inferiore la percentuale delle sofferenze bancarie riconducibile alle micro e piccole imprese veronesi, che, con 266 milioni sui 2.443 degli impieghi, arriva al 10,9%, mentre alle società non finanziarie, in terra scaligera, su 18.199 milioni di euro di impieghi, vanno imputati 2.779 milioni di euro di sofferenze, equivalenti al 15,3%.
“Per chiarire meglio – spiega Andrea Bissoli, Presidente di Confartigianato Verona – con il termine ‘impiego’ si intende l’insieme di operazioni mediante le quali le banche concedono, a famiglie e imprese, risorse finanziarie che si sono procurate con operazioni di provvista.
Tra queste: l’apertura di credito in conto corrente, i mutui attivi, i crediti ipotecari, i prestiti personali, il leasing finanziario, la cessione del credito del cliente alla banca e gli anticipi su fatture emesse. La sofferenza, invece, è un credito che la banca vanta nei confronti di soggetti in stato d’insolvenza. Come rilevato dallo studio di Confartigianato, nell’ultimo anno la crescita delle sofferenze è pressoché interamente (91,8%) concentrata negli importi superiori a 500.000 euro, che sono generalmente ben lontani dalle somme che richiedono famiglie e micro e piccole imprese. Qui a Verona non stiamo male, ma, guardando il confronto con l’Europa, stare bene è tutta un’altra cosa”.