di Marco Marturano

CVD. Come volevasi dimostrare. Cosa avevamo ampiamente previsto? Avevamo immaginato che il giorno dopo il voto si aprisse un processo sulla pubblica piazza mediatica a Matteo Renzi e magari all’apertura della campagna referendaria. Detto fatto.
Avevamo pensato che si sarebbe discusso dell’astensionismo e in qualche caso sostenuto che l’astensionismo sarebbe stato a vantaggio di questo o quel candidato (magari di quelli che invece poi ne sono stati svantaggiati nella realtà).
Detto fatto. Avevamo ipotizzato che si sarebbe parlato come dei casi clamorosi e storici di Comuni che vanno al ballottaggio dove in teoria invece il sindaco uscente aveva sempre vinto al primo turno. Detto fatto.
Potremmo andare avanti per ore con il festival delle analisi prevedibili e regolarmente verificatesi e potremmo anche dire nome e cognome dei candidati sindaci e delle città che erano logico aspettarsi sarebbero stati oggetto di queste analisi così originali.
La cosa veramente interessante è che invece da queste elezioni al primo round arrivi la notizia più significativa, ovvero che i cittadini sono sempre più maturi di certe analisi politiche stereotipate e decidono sulle loro città in funzione di quello che percepiscono dei candidati sindaci e in piccola parte ormai per ragioni nazionali.
Un esempio su tutti il risultato del Movimento Cinque Stelle, che ha candidati come quella di Roma che viaggiano verso il 40% e candidati come quello di Milano che si muove intorno al 10, contraddicendo la tesi che il valore stia nel marchio.
Altra notizia interessante quella che riguarda la teorica sorte dei candidati di centrosinistra dettata dal grado di renzismo. basti pensare, per contraddire questa tesi, al fatto che gli unici due sindaci uscenti del centrosinistra in città capoluogo rieletti al primo turno sono Gnassi a Rimini e Zedda a Cagliari: il primo renziano doc e il secondo di Sel.
Tesi dunque che cade nei fatti.
Terza notizia intrigante è quella che viene da alcune grandi città che vanno al ballottaggio: hanno tutte rispettato la loro storia da quando esiste l’elezione diretta dei sindaci, nonostante invece si sostenga il contrario. Pensate a Roma, dove il ballottaggio c’è stato per ben 5 volte (inclusa questa) su 7 elezioni.
O a Milano dove quello tra Parisi e Sala è il quarto ballottaggio su 6. o a Torino dove, come a Milano, c’è il quarto ballottaggio su 6 elezioni e dove nessuno dei tre sindaci di questi ultimi 23 anni ha fatto a meno di almeno un secondo turno.
Insomma molti hanno costruito la tesi di un terremoto politico che in realtà è più una tempesta in un bicchiere d’acqua. Resta però un elemento di vera novità che è quello più in controtendenza con quello che succede in Europa Aaustria, Francia solo per citarne due) e in parte con la storia degli ultimi anni.
Nelle città capoluogo del Nord e in particolare nelle regioni governate da Presidenti della Lega (Lombardia e Veneto) o che lo sono state fino a due anni fa (Piemonte) il partito o i candidati politici o politici/civici di Salvini registrano una crisi evidente.
A Novara, capitale leghista del Piemonte fino al 2011, il candidato sindaco di Salvini e Meloni si ferma al 33% dove cinque anni fa il suo predecessore (che aveva perso) era arrivato sopra il 45%. A Varese, capitale leghista da un quarto di secolo e città di Maroni e Bossi, il candidato sindaco di Salvini e Meloni va al ballottaggio con poco più di 5 punti di scarto contro i quasi 20 punti (19%) di 5 anni fa del candidato che lo aveva preceduto. e avendo come capolista della Lega in consiglio comunale questa volta proprio il presidente della regione Bobo Maroni, che ha significativamente incassato il clamoroso risultati di poco più di 300 voti.
[//]Lo stesso Maroni che per vincere le elezioni regionali 3 anni fa aveva conquistato milioni di voti e aveva fatto il pieno anche e soprattutto a Varese. e a Milano, dove parisi conquista il ballottaggio quasi alla pari con Beppe Sala, la Lega raggiunge un debole 10% con Forza Italia che la doppia elegantemente.
Del resto questo fenomeno si era visto già 3 anni fa a Treviso dove nella terra di Zaia il sindaco sceriffo Gentilini era già andato al ballottaggio e aveva perso clamorosamente. Forse questi risultati della Lega lepenista di Salvini sono una delle vere notize di questo primo turno.
Una notizia che merita una valutazione, soprattutto dopo il ballottaggio, in vista delle battaglie che ci saranno per la conquista della leadership del centrodestra. Leadership che pareva da un paio d’anni nelle mani del capo della Lega e che questi risultati (soprattutto se il 19 giugno ai ballottaggi i candidati di Salvini dovessero perdere) potrebbero seriamente mettere in discussione a vantaggio di una nuova leadership moderata. Questo si che sarebbe un terremoto.