Mentre ci si interroga sul fumo dell’incendio di Povegliano, arriva la ben poco rassicurante relazione annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico di tutti i giorni: è emergenza smog cronica. Legambiente presenta le 10 proposte per risanare l’aria veneta.
«La situazione è drammatica e le ordinanze a macchia di leopardo che non risolvono nulla. Serve un impegno reale».
Aria sempre più irrespirabile in Veneto. Nel 2017 sei capoluogo di provincia del Veneto si confermano fuorilegge con livelli di Pm10 alle stelle: Padova 102, Venezia 94, Vicenza 90, Treviso 83, Rovigo 80, Verona 73; si salva solo Belluno con 18 gg di sforamento. Il rapporto veneto sull’inquinamento atmosferico regionale di Legambiente è stato presentato oggi in tutti i capoluoghi per fare il punto sulla grave situazione dell’inquinamento atmosferico che affligge i polmoni dei cittadini, anche se sembra non essere una priorità ambientale e sanitaria per chi governa.
É un dato di fatto quanto l’emergenza smog sia sempre più cronica nella nostra regione: anche nei primi tre mesi del 2018, pur in condizioni meteo sfavorevoli per gli inquinanti, abbiamo iniziato molto male: a Padova, nei primi 90 giorni del 2018 sono stati 37 i giorni oltre la soglia per la salute umana. A Venezia 33, a Vicenza 28, a Treviso 27, a Rovigo e Verona 23 (a Belluno 4).
Insomma un inizio anno da “codice rosso” a causa delle elevate concentrazioni delle polveri sottili, al quale nessuna Amministrazione Locale ha saputo rispondere adeguatamente ma solo con deboli ordinanze derivanti dall’accordo padano e misure tampone che non hanno sortito alcun effetto.
Situazione quindi che permane allarmante soprattutto per gli aspetti sanitari; una recente pubblicazione dell’European Environmental Agency (EEA) ha stimato che in Europa nel 2012 l’inquinamento dell’aria abbia causato circa 432.000 morti premature, con oltre 60 mila nel nostro paese, tanto da costringere le regioni del nord Italia e il Ministero all’Ambiente all’avvio di un tortuoso accordo di programma anti-smog sovraregionale.
Il sospetto è che questo accordo nasca più dalla necessità di dare una risposta alle procedure di infrazione europee risalenti già dal 2006 contro il nostro paese.
Fortemente limitante il fatto che l’accordo riguardi, oltre ai comuni con più di 30.000 abitanti, solo gli agglomerati a ridosso dei quattro capoluoghi di provincia sull’asse Verona Venezia, quando, in realtà, la presenza di particolato sottile nei mesi invernali e dell’ozono nei mesi più caldi coinvolge l’intero territorio padano e montano. Consultando infatti l’INvetario delle EMissioni ARia (INEMAR), software attualmente utilizzato in sette Regioni, tra cui in Veneto, per stimare, Comune per Comune, le emissioni dei principali macroinquinanti, idrocarburi, metalli pesanti e inquinanti aggregati prodotti dalle molteplici attività e dai combustibili, si evidenzia come, ad esempio in provincia di Verona, comuni che non rientrano nell’accordo, come Cologna Veneta, Cerea, Isola della Scala o Legnago, emettano singolarmente in atmosfera quantità di PM10 ben superiori o uguali a quelle di comuni come Villafranca o Sommacampagna, e se sommate risultano superiori a quanto produce il comune di Verona (219 t).
Il pm10 è diffuso in tutta il territorio regionale ed è quindi necessario un intervento che coinvolga tutti i Comuni a prescindere dalla loro dimensione. Gli accordi sottoscritti fino ad ora tra Ministero, Regioni, Comuni per affrontare la cattiva qualità dell’aria sono quindi serviti a poco o nulla, sia a causa del tipo di provvedimento previsto, o per la loro reale applicazione o, ancora, per l’assenza di controlli. Le criticità generali riscontrate sono state sostanzialmente due: da un lato il disomogeneo recepimento dell’accordo da parte dei singoli Comuni, senza un’armonizzazione degli interventi, dall’altro l’aver frammentato le responsabilità, “esonerando” di fatto la Regione dallo svolgere in maniera stringente il proprio ruolo e dovere di coordinamento.
«Come ribadiamo da anni non servono misure sporadiche, ma è urgente mettere in atto interventi strutturali e azioni ad hoc sia a livello regionale che locale. La Regione deve ritornare in sella e promulgare urgentemente delle linee guida omogenee per tutto il territorio regionale. Occorre ripartire da un diverso modo di pianificare gli interventi nelle aree urbane, con investimenti nella mobilità collettiva, partendo da quella per i pendolari, nella riconversione sostenibile dell’autotrazione e dell’industria, nella riqualificazione edilizia, nel riscaldamento coi sistemi innovativi e nel verde urbano».
LE 10 PROPOSTE DI LEGAMBIENTE PER TORNARE A RESPIRARE IN VENETO
1 Applicare i provvedimenti antismog indistintamente a tutti i comuni del Veneto, ridefinendo gli agglomerati urbani – eventualmente ampliando quelli esistenti – aumentando il numero delle centraline sul territorio regionale per il monitoraggio delle concentrazioni di PM10.
2 Uniformare le ordinanze dei Comuni attraverso uno schema di ordinanza minima regionale da applicare in tutti i Comuni della regione Veneto al superamento dei vari gradi di allerta.
3 Ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città e creare zone 30, ovvero aree urbane con limite di velocita 30 km/h per aumentare la sicurezza e ridurre le emissioni di PM10 in atmosfera da parte dei veicoli.
4 Aumentare il verde urbano; incentivando la piantumazione di nuovi alberi, verde verticale e orti urbani.
5 Potenziare gli incentivi per una mobilità verso “emissioni zero”, ricorrendo alla trazione elettrica ed alla “sharing mobility”.
6 Priorità alla mobilità pubblica: maggiori investimenti anche regionali al TPL ed al suo potenziamento.
7 Stop ai veicoli più inquinanti; eliminare immediatamente la possibilità di circolazione per i mezzi più inquinanti, a partire da quelli diesel e benzina euro 0-1-2-3.
8 Road pricing e ticket pricing; per limitare l’ingresso nei centri abitati di veicoli inquinanti istituire zone a pedaggio urbano e implementare una differente politica tariffaria sulla sosta.
9 Riqualificazione degli edifici pubblici e privati; per ridurre i consumi energetici e le emissioni inquinanti, vietando l’uso di combustibili fossili (ad esclusione del metano) e istituendo un piano regionale di interventi per l’implementazione di sistemi di riscaldamento da fonti rinnovabili.
10 Rafforzare i controlli su emissioni auto, caldaie, edifici ed intervenire su industrie e aree portuali, dotandosi di sistemi di monitoraggio in continuo da installare sui camini e sulle fonti emissive, in modo da avere costantemente un quadro sulle concentrazioni delle sostanze inquinanti che vengono emesse.