“A Verona abbiamo una Camera di Commercio che distribuisce aiuti ai soliti noti e un aeroporto che non cresce, bloccato da chi ha promosso l’ingresso di Save: gli stessi che ora premevano per svendere Agsm a Milano”. L’europarlamentare veronese della Lega, Paolo Borchia, boccia senza mezzi termini la gestione degli asset più importanti della città: “Il Catullo è un aeroporto fantasma, isolato dal resto dell’Europa e con numeri degni di uno scalo di un’area povera e marginale. Per la Camera di Commercio lo sviluppo dell’aeroporto doveva essere una priorità ma, invece di esprimere un segnale di discontinuità rispetto all’ultima gestione e assicurare gli investimenti necessari per la ripresa dello scalo, si lascia spazio all’immobilismo interessato di Save; con l’aumento di capitale che rischierebbe solo di estromettere l’amministrazione pubblica dalla gestione dello stesso”.

Un’operazione di svendita, quella dell’aeroporto, che assomiglia molto a quanto si è cercato di fare con Agsm, secondo Borchia. “Il progetto di fusione con A2A – spiega – è un pacchetto preconfezionato, calato dall’alto e mai condiviso in consiglio di amministrazione, nascosto persino ai dirigenti; ha portato alla più clamorosa spaccatura mai vista tra i sindacati, con le rsu aziendali che hanno smentito i segretari provinciali, favorevoli alla fusione a tre. La Lega, anche in consiglio d’amministrazione, ha denunciato più volte la scarsa trasparenza dell’operazione. Leggo con sorpresa che il presidente Riello, bacchettando la politica, parla di un progetto che andava studiato, sfoggiando tanta conoscenza e consapevolezza di qualcosa che nemmeno i componenti del cda conoscono; paradossale, se pensiamo che si tratta di chi avrebbe dovuto esprimersi sull’operazione. Invitiamo quindi Riello a candidarsi alla poltrona di Agsm, così da poter approvare un progetto che tanto lo entusiasma”.

In conclusione, Borchia sottolinea che “Verona è stata penalizzata dalle decisioni di una certa categoria industriale, legata ai poteri forti, che ha quasi sempre pensato ai propri risultati piuttosto che allo sviluppo territorio; sono gli stessi che hanno espresso quasi tutti gli ultimi presidenti del Catullo: è stato un fallimento, certificato dai numeri. La città merita ben altro”.