(di Bulldog) Poi dice che uno s’incazza. In televisione, il termovalorizzatore di Copenhagen fa da scenario agli spot televisivi tanto è bello e funzionale. A Verona, invece, i sindaci dei tre Comuni che storicamente osteggiano Cà del Bue – Franco De Santi, San Martino Buon Albergo; Attilio Gastaldello , San Giovanni Lupatoto e Diego Ruzza, Zevio – stanno tornando alla carica per verificare se la grande incompiuta della gestione dei rifiuti veronesi possa puntare o meno alla produzione di biocarburante da rifiuti urbani e fanghi in un’ottica di economia circolare. Insomma, neppure le politiche green oggi vanno bene.
L’idea infatti è buona e utile per recuperare quella materia prima secondaria che deriva dalla debordante produzione di rifiuti che ciascuno di noi fa. Mezza tonnellata di rifiuti a testa l’anno, un dato che è in crescita (secondo l’ultimo report Ispra) anche quando l’economia è stagnante: un miracolo di cui soltanto noi siamo capaci.
Cà del Bue non ha mai funzionato. E’ vero. E’ stata la madre di tutte le porcherie della politica veronese. Vero. Ma il problema di valorizzare i rifiuti a Verona, e in Italia resta. Intendiamoci, non siamo il Terzo Mondo: oltre alla “terra dei fuochi” – a Napoli come nel ricco Veneto – c’è un settore industriale nel riciclo e nell’economia circolare che è leader in Europa tanto che noi importiamo più rifiuti di quanti ne esportiamo. 7,3 milioni di tonnellate di rifiuti europei alimentano la nostra industria del riciclo; 3,5 milioni di tonnellate di rifiuti italiani (Rsa e industriali) fanno però ricche Germania, Svizzera, Austria, Francia, Danimarca, Olanda più Romania, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria, Marocco… perché ovviamente noi paghiamo per smaltire e paghiamo la materia prima secondaria che importiamo. Poi si capisce perché passiamo per idioti con le mani bucate a Bruxelles…
Anche Verona paga centinaia di euro a tonnellata per i nostri rifiuti che vanno all’estero per riscaldare case, produrre elettricità, alimentare cementifici…noi paghiamo (fra i 3,5 ed i 7 miliardi € l’anno il peso per la bilancia dei pagamenti italiana), gli altri incassano e creano nuova ricchezza.
Siamo talmente ipocriti sui rifiuti che gli altri Paesi contano sul fatto che non riusciamo a realizzare nuovi termovalorizzatori, e usano la nostra monnezza per mettere a regime i loro. Copenhagen (nella foto) ha due linee di combustione, brucia in totale 70 tonnellate di rifiuti all’ora: in un anno, può trattare circa 400mila tonnellate di spazzatura, prodotta da 550-700mila cittadini e 46mila imprese. L’energia sprigionata dalla combustione torna alle famiglie sotto forma di elettricità per 50mila utenze e calore per 120mila.
E’ costato 500 milioni € , ha grosse dimensioni, ospita una pista da sci, percorsi su cui correre e passeggiare, un’area verde per il picnic, una parete di arrampicata alta 80 metri, oltre che un ristorante e un bar. Per produrre reddito ha bisogno del nostro carburante, quello che noi paghiamo perché ce lo portino via o che buttiamo per strada o in discarica.
Inutile dire che il termovalorizzatore, anzi no l’inceneritore , di Copenhagen non butta in atmosfera che una minuscola, insignificante, parte di quei veleni che autostrade, i vecchi impianti di riscaldamento dei condomini, e i roghi di immondizia generano a Verona e nel Nord. Quindi, sarebbe più logico rispettare i consigli di Bruxelles – che chiede di avere una percentuale di valorizzatori alla fine del ciclo dei rifiuti quasi doppia di quella attualmente esistente in Italia – e ottimizzare il tutto: sfruttare qui i nostri rifiuti spendendo meno e inquinando meno. Non sembra di chiedere troppo, cari Nimby.