(di Giulio Bendfeldt) Non c’è un effetto Covid per Federico Sboarina. La classifica di oggi del Sole 24 Ore – il Governance Poll dell’istituto Noto – è impietosa per il primo cittadino di Verona che in tre anni è passato dal 58.1% di gradimento al 49.6%. Una discesa negli inferi della graduatoria dei sindaci italiani: Sboarina è 84.mo su 105 sindaci; è a venti punti di distanza dal primo classificato, il barese Antonio De Caro, ma soltanto a 11 punti dal peggiore d’Italia, il palermitano Leoluca Orlando. Sboarina è anche fuori anche dal lotto dei sindaci “sufficienti” – quelli che hanno superato il 50% del gradimento – un voto che lo rimanda a settembre e che gli imporrà un cambiamento visibile nella sua agenda di governo se vorrà avere chance di una ricandidatura per un secondo mandato fra due anni. Persino Giorgio Gori di Bergamo (quello che ha avuto più deceduti di tutti) e Marco Bucci di Genova han fatto meglio di lui.

A soffiare sul fuoco del malcontento è la componente leghista della sua maggioranza che, a denti stretti, ricorda i risultati ottenuti nella stessa classifica dal “suo” sindaco Flavio Tosi: primo d’Italia nel 2011 col 68% dei consensi allo sceriffo; terzo nel 2010 col 65%; ottavo nel 2013 col 61.9%…

A rendere il calice ancora più amaro sono anche i dati di Luca Zaia, anch’egli sotto i riflettori quotidiani della stampa per tutta l’emergenza: il governatore è il più gradito d’Italia con un tasso di gradimento del 70%. Eppure, entrambi hanno picchiato duro quando c’era da picchiare, sono stati in trincea per oltre cento giorni e non sono stati mai assenti. Sempre sul pezzo, ma premiati in modo diverso.

What’s wrong? Cosa non funziona? Per Michele Bertucco, che non gliele manda certo a dire, il sindaco ha toppato proprio sui temi forti della sua campagna elettorale: «Sboarina si trova impantanato tra promesse non mantenute e speranze tradite: la Fondazione Arena è uno dei fallimenti più gravi perché la sua politica ha perpetuato contrasti e conflitti sindacali laddove aveva promesso dialogo e condivisione. Nel consiglio straordinario di giovedì la sua maggioranza si è perfino rifiutata di chiedere un aumento dei fondi per l’ex ente lirico respingendo la mozione delle minoranze. Beffardo il contrappasso anche sulla promessa del Central Park allo scalo merci: Sboarina oggi annuncia la presentazione di master plan, cioè di un progetto di massima, eppure la sua campagna elettorale di tre anni fa era cominciata proprio nello stesso modo presentando il masterplan scopiazzato ai comitati di Verona Sud. Sul filobus non c’è nessun piano B: Sboarina continua ad annunciare un cambiamento del progetto che nei fatti non esiste, e intanto il cantiere va avanti non avendo raggiunto alcun accordo di sospensione con l’Ati. Fallita anche l’aggregazione a tre che avrebbe dovuto dotate Agsm di un partner industriale forte. Benché Sboarina si affanni a dire il contrario, Lega e Verona Domani ritengono chiusa la faccenda del partner industriale».

Al sindaco restano alcuni capisaldi: primo fra tutti il rapporto con Confindustria – e quindi col quotidiano L’Arena – e la Camera di commercio guidata da un altro confindustriale. Ma il feeling con la gente – almeno questo riporta il sondaggio – sembra essere venuto meno. Due anni – che saranno segnati dalla crisi economica – possono bastare per ricucire? Forse sì, magari iniziando domani mattina con un altro registro. Accadrà? Certo il piccato commento del primo cittadino, arrivato in serata, qualche dubbio lo solleva: «Ho ancora due anni di tempo per convincere lo 0,5% dei veronesi e vincere così al primo turno le Comunali del 2022 – afferma il sindaco – . La classifica pubblicata oggi dal Sole24Ore dice che, se ci fossero adesso le elezioni, il 49,6% dei veronesi voterebbe per me, ricordo che l’11 giugno 2017 ho passato il primo turno con il 29,1% dei consensi. Per quanto possa valere questa indagine, dico che sono contento di questo mini sondaggio perché significa che in tre anni i veronesi sono passati dal voto sulla fiducia della campagna elettorale al consenso sul lavoro fatto fin qui, nelle piccole e grandi partite. Quello che hanno visto finora, dalla ripartenza dei lavori pubblici ai grandi progetti di modernizzazione, è evidentemente condiviso. Prendo il 49,6% come un bell’incitamento a proseguire con l’impegno di fare ancora meglio per recuperare il piccolo scarto e vincere senza ballottaggio la prossima volta. I voti del ballottaggio, infatti, non sono mai interamente voti propri perché rispecchiano gli apparentamenti dell’ultima settimana e non sempre sono riferibili interamente solo all’elettorato di area».