(di Marco Danieli) L’Arena è il teatro più grande del mondo. Nessun teatro al mondo fa i numeri del nostro anfiteatro né in termini di pubblico, né in termini di incassi. Nonostante ciò nel recente passato la Fondazione Arena (ex Ente Lirico) era entrata in sofferenza per tutta una serie di scelte, da l’inadeguatezza della dirigenza a vari errori di gestione, al punto che stavano per “portare i libri in tribunale”.
Grazie ad un tempestivo commissariamento nella persona di un bravo manager, il prof. Giuliano Polo, il fallimento è stato sventato ed il brutto momento è stato superato. Siamo così arrivati alla nomina a sovrintendente di Cecilia Gasdia che in due anni è riuscita a portare dei risultati positivi, pur rimanendo irrisolti alcuni nodi a livello amministrativo e di gestione delle risorse umane.
Poi il covid-19 c’ha messo la coda e la stagione 2020 è saltata. Con una decisione decisamente brillante, rispolverando un progetto dell’architetto Fagiuoli risalente a cent’anni fa, è stato modificato l’assetto dell’anfiteatro portando il palco al centro dov’era la platea, recuperando così tutti i posti delle gradinate prima occupati dalle scene – su Facebook alla pagina L’Adige di Verona trovate i video con la presentazione della stagione 2020 – – Scelta che permetterà di ospitare poco più di tremila spettatori. Meglio dei mille che in un primo tempo aveva concesso il Ministero.
Ma, pur col distanziamento sociale, si sarebbe potuto ottenere di più. L’Arena nell’assetto tradizionale aveva 2.500 posti in platea e 11.000 sulle gradinate e tribune per un totale di 13.500.
Togliendo la platea i posti calano a circa 11.000, ma aggiungendo gli 8/9.000 posti guadagnati togliendo gli scenari gli spettatori in tempi normali salirebbero a 19/20.000. Ipotizzando il taglio di tre posti per ogni posto essi avrebbero potuto diventare sei o sette mila. Volendo esagerare ed eliminandone addirittura quattro ogni uno si sarebbe potuto arrivare a 5.000, con una distanza fra uno spettatore e l’altro davvero ragguardevole.