Nella giornata in cui i soci che non vogliono l’operazione Generali-Cattolica presentavano in Regione le loro ragioni, la Borsa tornava a punire il titolo della compagnia scaligera: un calo dell’1.23% in una giornata definita “brillante” dagli analisti, con una crescita del listino dell’1.19%. La Borsa non sembra credere alla possibilità di un “cavaliere bianco” impersonato da Carlo Acutis e dalla sua Vittoria Assicurazione (la controlla all’80% circa attraverso Yafa e Yafa Holding) . Le modalità della proposta avanzata dal DG della compagnia lombarda prevedono infatti una fusione fredda: carta con carta, con una quotazione praticamente paritaria delle sue società (entrambe valutate fra i 900 ed il miliardo di €) senza arrivo di capitale fresco per rispondere in fretta al diktat dell’Istituto di vigilanza delle assicurazioni. Per Cattolica vorrebbe dire avere un socio forte, davvero forte, nella famiglia Acutis col 45-50% del capitale, cui si potrebbero agganciare i soci più attrezzati di Cattolica, come il finanziere Warren Buffet (che ha il 9% e rotti), con buona pace dei 18mila cassettisti.
I passaggi successivi – trasformazione comunque in Spa, scorporo di asset a favore di una Fondazione Cattolica per proseguire nel supporto alla comunità ed al clero locali, aumento di capitale – renderebbero la pillola amara tanto quanto quella del Leone di Trieste. Magari, resa più dolce – magari, però, in quanto nessuno l’ha formalmente richiesta – dalla sede sociale della newco tenuta a Verona e, comunque, le assemblee societarie svolte alternativamente fra Verona e Milano.
Poco per risollevare un titolo che ha perso il 51% dell’ottobre 2019 ad oggi – allora quotava 10,73€ ad azione -: percentuale grave, resa leggermente meno indigesta grazie soltanto alla notizia dell’ingresso di Generali in Verona, altrimenti il trend ribassista sarebbe continuato: a giugno scorso, prima dell’annuncio dell’aumento di capitale dedicato, infatti Cattolica valeva 3.42€, il 68% in meno… Analisti richiesti di un commento da parte de L’Adige evidenziano come l’assenza di un timing preciso sull’aumento di capitale, con denaro fresco a riportare sotto controllo l’indice di solvibilità, non giochi a favore di un nuovo cavaliere bianco per Cattolica, dato che un cavaliere bianco c’è già e sono le Generali, nome che non si discute a Piazza Affari per storia, blasone e capacità strategica in un mercato dove la tecnologia conterà sempre di più e affiancherà i canali tradizionali.
In questa giornata non brillante, Maurizio Zumerle, presidente di APACA, Germano Zanini, presidente Associazione Verona Network e Aristide Corazzi del Patto di Sindacato “Le Api” hanno incontrato l’assessore regionale allo Sviluppo Economico Roberto Marcato (sotto, nella foto) per richiedere un intervento urgente, nonché una presa di posizione da parte del Presidente Luca Zaia e del Consiglio Regionale in merito alla vicenda Cattolica-Generali Spa.
Per i coordinatori di Casa Cattolica, la trasformazione della Società cooperativa veronese in Società per Azioni e la conseguente svendita al Gruppo di Trieste, cancellerà l’ultimo baluardo finanziario veneto rimasto. Dopo la “dipartita” verso Milano dell’ex Banco Popolare, la scomparsa dal mercato di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, Cattolica Assicurazioni rappresenta l’ultimo grande player economico sul quale ricostruire un’identità forte non solo veronese, bensì regionale. Nella lunga audizione, durata quasi un’ora, sono stati analizzati i rischi e gli scenari negativi che si presenteranno dopo il voto dell’assemblea straordinaria del prossimo 31 luglio con la trasformazione della società cooperativa in Spa. In particolare, sono a rischio i posti di lavoro di circa 1800 dipendenti (con il trasferimento nelle sedi di Milano, Mogliano Veneto e Trieste) e il futuro di 1400 agenzie che perderanno la radicalità e la presenza attiva sul territorio in quanto inglobate dal colosso assicurativo.
Dopo quanto successo, o meglio non successo, con AGSM-Aim-A2A cmagari il fuoco incrociato dei piccoli azionisti, appoggiati dalla Lega, potrà anche funzionare…certo il Leone ha le spalle più grandi della multiutility lombarda e soprattutto ha tanta cassa a disposizione, fattore questo assente nella fusione delle ex-municipalizzate.