(di Bulldog) I conti si faranno  alla fine, ovvero a fine dicembre quando il sovvenzionato mondo delle fondazioni lirico-sinfoniche presenterà al Commissario di Governo, l’avvocato Gianluca Sole, i dati della stagione 2020 coi risultati economici che registreranno appieno il lockdown e le fasi 2 e 3 che hanno allontanato gli spettatori dai teatri. E per l’Arena di Verona sarà una “tempesta perfetta” dato che il blocco per le misure sanitarie ha annichilito le aspettative di migliorare quest’estate i risultati delle ultime stagioni. E allora verranno alla galla le storiche criticità del nostro teatro, celate appena due settimane fa da un trionfalistico comunicato della Sovrintendente.

Un passo indietro: delle 14 fondazioni italiane in attività soltanto nove hanno aderito al percorso di risanamento messo in atto dalla Repubblica per salvare dal fallimento economico la grande tradizione musicale italiana, Verona è una di queste, sebbene arrivata per ultima all’appuntamento col Governo. Lo Stato – le nostre tasse, insomma – ha investito nel settore 152 milioni di euro che sono stati finalizzati a trasformare debiti dal breve al lungo termine (trent’anni) trasferendoli dai creditori privati alla collettività in cambio di una opera di pulizia dei costi, un risanamento che ha comportato per la prima volta anche interventi sul personale. Lo Stato ha anche garantito un accordo di rientro col l’Agenzia delle Entrate: le Fondazioni, alla fine, non stavano neppure pagando Irpef, Iva e contributi vari…

Come hanno risposto le Fondazioni? Beh, i ricavi sono cresciuti passando da 220 milioni a quasi 300 nel periodo 2015-2019; i costi nello stesso periodo sono cresciuti meno, da 219 a 272 milioni , con un differenziale positivo di 27 milioni; l’EBITDA (ovvero il margine operativo lordo) è passato da 173mila€ a 27,5 milioni; il risultato d’esercizio è passato da una perdita di 8 milioni ad utili complessivi di 8…dei 152 milioni investiti ne sono già stati restituiti una dozzina ed oggi avanziamo dalle Fondazioni soltanto (si fa per dire) 139 milioni. Vogliamo aggiungere che i patrimoni sono cresciuti da 121 a 181 milioni?   E allora tutto bene?

Le Fondazioni hanno però ancora sul groppone debiti per 272 milioni (tolto lo Stato sono 140 milioni a breve termine) a fronte di 62 di crediti.  Per Gianluca Sole i passi in avanti ci sono stati, e sinora la politica dello Stato ha funzionato, ma le cose vanno meglio per quelle Fondazioni che più si sono affidate allo Stato: va bene Bologna che ha consolidato a lungo termine il 67% dei suoi debiti; il Verdi di Trieste, al 51%; il San Carlo di Napoli, ben il 76% (lì, nisciuno è fesso…); Bari e Palermo sono sulla border-line del 50%, Genova ha a lungo termine il 30% dei suoi debiti.

Verona è la realtà più a rischio: soltanto il 29% dei suoi debiti sono con lo Stato a trent’anni. E questo è il vero pericolo: trovarsi a fine anno con debiti in scadenza e poca cassa data l’assenza dei ricchi ricavi estivi – i 24 milioni del botteghino più i 4 milioni da sponsorizzazioni ed extra vari –.

Per chiudere il budget 2020, 48.6 milioni un valore in linea col 2019,  prima della pandemia si contava di ottenere 12 milioni dallo Stato come contributo dal Fondo unico; 3.2 milioni dagli enti locali altri 4 da istituzioni sul territorio. Dai privati, invece, si ipotizzava un dimezzamento rispetto al 2019: appena 245mila € a fronte dei 516mila del 2019 ed ai 3.7 milioni del 2018.  

E’ vero che scenderanno (probabilmente) i costi di produzione – 10.2 milioni – perché banalmente c’è una mini-stagione estiva, ma resterà il costo del lavoro sui 20 milioni €. Il risultato sarà una assai probabile perdita di bilancio che avrà anche il risultato di fermare il rientro dai debiti passati dai 34 milioni del 2018 ai 30 del 2019 ai 27 indicati nel budget di previsione 2020. Vuol dire che il rapporto fra debito e patrimonio netto tornerà pericolosamente vicino al livello 2018 quando era al 156% circa.

Gianluca Sole è cristallino nella sua analisi: «Con la forte stagionalità della sua (parla di noi, è chiaro?) produzione ed offerta artistica, rischia di essere fra le più penalizzate in termini di ricavi propri dall’emergenza sanitaria in atto…occorre notare che agli esiti della stagione 2019 (si veda qui il nostro articolo) si contrappongano comunque aree critiche nella gestione finanziaria dell’ente, sulle quali sarebbe stato necessario intervenire già da tempo da parte degli Enti Soci con un apporto assai più adeguato e significativo di quello attuale e del pari apporto richiesto agli altri soggetti portatori di interessi della realtà territoriale».

Ovvero chi ci guadagna realmente nel tessuto economico ed imprenditoriale scaligero. E che sino ad oggi è rimasto bellamente alla finestra. Quindi, a dicembre il grande successo appena sbandierato sarà ridimensionato dal volume delle perdite da Covid: e lì si vedrà chi metterà mano al portafoglio in maniera sostanziosa. Si accettano scommesse su chi alzerà per primo la mano…sarà infatti un lavoraccio portare a casa quattrini alla fine del 2020.

Fino ad alcuni anni fa la Fondazione Arena organizzava trasferte all’estero durante i periodi “morti”: Francoforte, Dortmund, Vienna, Tokyo, Zurigo, San Pietroburgo, Melbourne, Sidney e anche paesi del Medioriente. Servivano a far lavorare il personale, a guadagnare ed anche a portare nel mondo l’immagine di Verona. Dalla gestione Orazi in poi, c’è stata una progressiva riduzione delle trasferte. Ciò ha comportato un declino dell’immagine internazionale della Fondazione e della città.  Ma per rendere più appetibile l’operazione trasferte è necessario sviluppare progetti diversi dal passato, che non obblighino più i partner a prendere spettacoli completi che li metterebbero fuori mercato, ma accettando anche soluzioni parziali che vedano a fianco di artisti e maestranze veronesi professionisti della città ospitante.  Ma almeno così si potrebbe tornare a fatturare velocemente ed a provare a ridurre il passivo di quest’anno.