L’Italia ha destinato nel 2020 circa 300 milioni di euro a sostegno della cultura per far fronte alla pandemia. Per aiutare i teatri, le gallerie d’arte e gli istituti culturali a sopravvivere alla crisi del coronavirus il governo britannico ha stanziato invece 1,57 miliardi di sterline (al cambio, pari a circa 1,73 miliardi di euro). Quasi sei volte tanto. A mettere a confronto i numeri sono i Giovani Imprenditori di Confapi, che partono da una constatazione: il ritorno economico di ogni euro pubblico investito nel sistema produttivo culturale e creativo è di 1,8. In altre parole, come spiega Paola Dubini, docente di Management delle industrie culturali ed Economia delle istituzioni culturali alla Bocconi di Milano, ogni euro versato qui ne attivava 1,8 in altri settori. Nel 2018, anno d’oro per il sistema produttivo culturale e creativo, i 95,8 miliardi investiti ne hanno stimolati 169,5. I 300 milioni stanziati dal Governo, secondo questa stima, ne varrebbero perciò 540.
«Comunque, decisamente troppo poco», è il grido d’allarme lanciato dal padovano Jonathan Morello Ritter, presidente nazionale dei Giovani Imprenditori di Confapi. «In pieno lockdown le persone avevano avuto modo di riflettere sui valori e su quello che avrebbero voluto una volta ripartiti. Si parlava di ambiente, di sostenibilità. Di una ripresa del valore del tempo, della famiglia, del sociale. Di investire per l’Italia in turismo e cultura, valorizzando così le proprie radici e il proprio patrimonio. Ma che fine hanno fatto ora questi pensieri? Tutto sembra ormai superato, con una grande ansia di tornare alla normalità, una normalità che però non ci piaceva. E invece dobbiamo cogliere l’occasione di partire con una marcia in più. Il piano di rilancio del Paese deve ripartire dai nostri valori. Oggi quello che può fare la differenza è il senso di appartenenza, la fratellanza, il voler cambiare in meglio. Le Pmi lo hanno sempre fatto nei loro territori, oggi dobbiamo farlo come Stato».
Esistono esempi virtuosi come quello della Regione Veneto, che ha stanziato 550 mila euro, destinati al Circuito ArtVen, al Teatro Comunale di Vicenza, al Teatro Stabile del Veneto, alla FiTa insieme all’Unpli, affinché possano ripartire e sviluppare attività oltre quelle ordinarie. Cifra che, moltiplicata per 1,8, ha un effetto volano di quasi un milione di euro sul territorio, in una regione che, con 138 mila occupati nel settore cultura, produce una ricchezza di 7,8 miliardi di euro l’anno, terza in Italia dietro a Lombardia e Lazio. «Ma resta l’impressione che in Italia si stia facendo troppo poco a riguardo, per un settore che occupa 1,55 milioni di persone e che ha anche la capacità di aumentare la qualità e il valore prima simbolico e poi economico di beni e servizi», prosegue Morello Ritter, lanciando una provocazione: «Per il 2020 il Governo ha stanziato 12,3 miliardi per coprire misure come Reddito di cittadinanza e Quota 100. In particolare, proprio Quota 100 come Giovani Imprenditori ci fa imbestialire: a suo tempo era stata venduta con uno slogan che fantasticava di tre nuovi assunti per ogni neopensionato, mentre la realtà è all’opposto e ci dice che solo un giovane per ogni tre pensionati oggi fa il suo ingresso nel mondo del lavoro. Ecco, non si potrebbe stornare una parte di quelle risorse per destinarle alla cultura e creare, così, davvero nuova occupazione?».