(di Bulldog) Sulla vicenda Aspi si è innescato un acceso dibattito fra i “difensori del libero mercato”, senza la mano pubblica, e “neo-statalisti” che manco Maduro è così estremista. Al di là di quanto davvero costerà questa operazione e di chi davvero ci guadagnerà – e non penso saranno i Benetton – questo dibattito a vuoto fa un po’ girare le scatole. Perché la storia dell’industria pubblica in Italia non è poi così schifosa come vogliono raccontarcela. Banalmente, senza il fascistissimo IRI, guidato da Alberto Beneduce (nella foto) l’industria privata italiana avrebbe fatto assai meno strada e forse, in tanti casi, nemmeno sarebbe nata. Infatti, dove era questo gran complesso industriale negli Anni Trenta? Quanto era competitivo a livello internazionale? Quanto era innovativo? Senza la genialata dell’IRI e delle imprese di Stato – ad esempio, nel settore dell’energia – avremmo avuto il boom industriale come l’abbiamo conosciuto negli Anni Sessanta?
Certo, alla fine l’industria di Stato era un conglomerato che teneva tutto, anche le imprese decotte e inutili buone soltanto a pagare stipendi. Non è stato un vizio soltanto italiano e, in fondo, meglio pagare stipendi che chiudere tutti e due gli occhi sulle false pensioni e la malavita.
Nel 1993 l’IRI era la settima conglomerata al mondo con un fatturato di 67 miliardi di dollari e oltre 260mila dipendenti. Faceva di tutto: dall’acciaio alle auto, ai pelati, alle banche, alle assicurazioni…mettere sul mercato questo carrozzone “inutile” ha portato nelle casse dello Stato 56mila miliardi di lire (piuttosto che dare contante ai politici da spendere era meglio tenersi le fabbriche, o no?); nel 1997 privatizzare Autostrade portò 5mila miliardi nelle casse dello Stato.
Insomma, tanta porcheria ma anche cose altrettanto buone. Altre domande: avremmo avuto le autostrade senza l’IRI? Dove erano allora gli imprenditori privati? Avremmo avuto senza i soldi dello Stato una infrastruttura telefonica eccellente base per i successivi lucrosi affari dei privati? E senza Stato avremmo oggi l’indipendenza nella difesa, saremmo cioè in grado di proteggerci con le nostre navi, i nostri aerei? Senza Stato saremmo stati il terzo Paese dopo URSS e USA nella corsa allo Spazio? No, no e ancora no.
Eppoi, cosa è Cassa Depositi e Prestiti (quasi 500 miliardi di attivo) se non, oggi, un altro IRI dai risultati eccellenti capace di investire bene i risparmi degli Italiani e di sostenere attività mature ma anche fortemente innovative? Ora tornano le autostrade in capo allo Stato; tornerà anche l’acciaio (ma può un’economia non produrre acciaio dovendo poi ricostruire gran parte delle sue infrastrutture?); tornerà Alitalia (la zoccola non se n’è mai andata in verità..)…okay, e allora? Cosa è meglio in alternativa? Dove sono i capitali privati pronti per sostituire azionisti distratti nelle manutenzioni, gestori di vettori aerei, produttori di acciaio senza contributi pubblici? Beh, non ci sono, non si vedono all’orizzonte.
Dunque, lo Stato gestirà le autostrade (lo ha fatto sempre tranne una breve parentesi e direi anche abbastanza bene), produrrà acciaio (del resto, nel mondo il suo maggior competitor non è forse un altro Stato?) e farà volare aerei che almeno pagheranno i piloti versando i contributi pensionistici. Tutto questo ci costerà quattrini? O creerà nuove risorse? Garantirà servizi più efficienti? Nuovi investimenti? Non lo so, davvero.
Temo l’attuale classe dirigente (imprenditori e manager compresi…) di questo Paese che è la pallida ombra di quella che lo ha costruito. Ma non mi straccerei le vesti perché oggi lo Stato è più padrone di prima…Piuttosto chi è stato il fesso che ha venduto una società che ogni giorno incassava denaro contante? Perché un amministratore così, io lo caccio a prescindere che sia privato o pubblico.