(di Gianni De Paoli) Tangentopoli aveva distrutto i partiti che per un secolo erano stati i mediatori tra popolo e istituzioni, sostituiti con dei contenitori senza alcun tipo di partecipazione in mano a dei leader, se non a dei proprietari! L’elezione dei parlamentari che vanno a rappresentare il territorio è uno degli ultimi pezzi di democrazia che ci rimane.
Questa constatazione viene suggerita dalla possibilità che alle elezioni suppletive per sostituire il sen. Bertacco in uno dei due collegi senatoriali di Verona non venga candidato un veronese, ma un bellunese. Un bellunese? Si chiederanno i cittadini immersi in ben altri problemi. Com’è possibile? Allora, siccome alla base della democrazia ci sono le elezioni dei rappresentanti del popolo, è bene che si sappia come vanno le cose.
Oggi i capi partito decidono tutto, come il padrone di un’azienda. Per cui, spettando a FdI la candidatura, sarà Giorgia Meloni a scegliere il candidato del centrodestra nel collegio senatoriale n. 9, denominato “Villafranca”, al centro dell’area sud-ovest della provincia di Verona. La scelta, secondo logica e buonsenso, dovrebbe essere fatta ascoltando il territorio, per individuare la persona più adatta a portare consensi alla coalizione ed al partito d’appartenenza. Ecco invece che si profila la possibilità che per esigenze estranee a quelle dei cittadini che l’eletto dovrebbe andare a rappresentare, la leader di FdI possa candidare l’on. Luca De Carlo, cadorino di Calalzo che ha perso il posto a Montecitorio per un riconteggio dei voti dal quale risulta non eletto. Verrebbe da pensare: che culo! S’è fatto “a maca” due anni da onorevole a 15 mila euro al mese. Invece secondo certe logiche romane che rischiano di prevalere De Carlo è da premiare nientemeno con la candidatura alle elezioni suppletive. Poco importa se Verona perde un suo rappresentante al Senato della Repubblica e se il centrodestra così mette a repentaglio un collegio sicuro.