(di Gianni De Paoli) Che stranezza! In giro per Verona non c’è nessuno. Oddio, si fa per dire. Gente ce n’è, ma sono i veronesi, come in qualsiasi altro mese. Quello che balza all’occhio è la totale mancanza dei turisti, quelli che riempivano l’Arena, che popolavano il centro storico, che facevano la coda alla Casa di Giulietta, che davano da lavorare ai bar, alle pizzerie, ai ristoranti e agli alberghi. Perfino i parcheggi sono mezzi vuoti. Quest’anno la va così. Sembra di essere tornati all’epoca pre-turistica. Eh sì, perché fino agli anni ’60 non è che ci fosse questo gran via vai di stranieri che venivano a visitare la nostra città. C’erano, è vero, i tedeschi con la macchina fotografica al collo che fotografavano tutto, sistematicamente, con un impegno ed un metodo teutonico. Ma erano pochi. Il boom del turismo di massa era ancora di là da venire.
E questo valeva anche per gli italiani. Di veronesi che andassero in vacanza ce n’erano molto meno di adesso. I più restavano in città. S’accontentavano, chi aveva la macchina, di qualche gita sul lago. Gli altri alle Piscine Comunali di via Galliano, al Boschetto o a Catena beach. I ricchi si trasferivano nella seconda casa, sul Garda o a Boscochiesanuova. In “Campagnola” o, se si preferisce, alla “vasca“, che oggi sono i giardini dell’Arsenale che s’incontrano scendendo dal ponte di Castelvecchio, dalla mattina alla sera, centinaia di ragazzi con le bici o i motorini, che si riunivano divisi in “compagnie” e che passavano le vacanze chiacchierando, cantando le prime canzoni del beat o “smorosando“. Così in città c’erano più veronesi e meno stranieri. Esattamente come adesso.
Il coronavirus ci ha costretto ad un ritorno al passato, a conoscere una versione estiva di Verona che i più giovani non avevano mai visto e che i più anziani avevano riposto nel cassetto dei ricordi.