(di Giulio Bendfeldt) Notizia numero uno: l’aumento di capitale di VeronaFiere non si fa più. Almeno non alle condizioni fissate nel passato all’unanimità dei soci. Ovvero, 30 milioni di euro da destinare in larga parte alla componente immobiliare (rifacimento dell’ingresso, collegamento con l’ex Manifattura Tabacchi con una sopraelevata per gli accessi Vip; collegamento alla nuova stazione TAV ed al Central Park). Alle vecchie condizioni si è mossa soltanto la BCC di Concamarise che ha versato tutta la sua quota; tutti gli altri soci hanno posto il problema della valutazione di VeronaFiere – 120 milioni di € in situazione pre-Covid – e fattisi due conti in tasca hanno preferito passare la mano.
Anche il Comune degli 11 milioni necessari a mantenere la propria quota ne ha soltanto due e questi ha messo a bilancio e questi si farà approvare dal Consiglio comunale.
Notizia numero due: nel corso dell’aumento di capitale con tutta probabilità la quota attualmente in possesso al Comune (poco meno del 40%) sarebbe stata diluita a vantaggio di altre realtà istituzionali scaligere – Camera di commercio e Fondazione CariVerona – . Ad oggi che gli altri Soci non aderiscono, il Comune non può e non vuole salire oltre il 40%.
Notizia numero tre. L’assessore alle Partecipate, Daniele Polato, ha confermato in conferenza stampa che i Soci si daranno da fare per far ottenere linee di credito o finanza alternativa all’aumento di capitale per reggere alla tempesta generata dal coronavirus che ha portato alla cancellazione di tutte le rassegne della prima parte dell’anno.
Capitolo aggregazioni. VeronaFiere da sola non potrà andare avanti ancora per molto tempo; la competizione è globale («E l’Italia combatte con le sue poche risorse contro il sistema Germania che finanzia le proprie fiere a fondo perduto. Siamo alla concorrenza sleale ed il Governo italiano deve fare ora la sua parte» sottolinea Polato) e difendere i tre brand principali di Verona – Vinitaly, MarmoMacc e FieraCavalli – è ogni giorno più complesso. Da diciotto mesi presidente e Cda sondano il mercato. Maurizio Danese, presidente di VeronaFiere, fra pochi giorni verrà eletto presidente dell’associazione fra le fiere italiane e anche da quello scranno potrà tessere le fila scaligere. Ma il “cavaliere bianco” potrebbe non essere italiano: «Non guardiamo alle appartenenze politiche – conferma Polato – ma alle logiche industriali. Non ci sono soltanto Milano, Bologna o Rimini: ci sono Monaco, Berlino, Shanghai e le grandi realtà dell’Asia. Questa è una vera e propria guerra economica, e si gioca a tutto campo. Entro fine luglio ci troveremo con gli altri soci privati e vedremo il da farsi per una ulteriore crescita della nostra fiera che è e deve restare una top-player a livello globale».