(di Beppe Giuliano) Stand-alone è la parola magica, la chiave di volta dell’operazione alternativa a Generali. Nella giornata in cui il Tribunale delle imprese mette in calendario fra tre settimane la disamina del ricorso dei piccoli azionisti contro l’aumento di capitale riservato alle Assicurazioni Generali – un segnale che non è positivo per il presidente Bedoni dato che fissare un’udienza al 17 agosto è una forzatura delle tempistiche del Tribunale veneziano – ecco il progetto della cordata alternativa. Stand-alone vuol dire affrontare il futuro “stando in piedi da soli“, senza un partner industriale così ingombrante come il Leone di Trieste. E alla cordata dei piccoli, si è unito anche il fronte della Piccola Industria scaligera e, molto probabilmente, più di un investitore locale di peso interessato ad investire sì in Cattolica, ma non nell’attuale management. Una condizione che – dopo gli esiti dei 500 milioni dell’aumento di capitale del 2014 finiti non si sa dove – pare alquanto diffusa fra gli azionisti scaligeri.

C’è un dato “politico“: la cordata dei piccoli azionisti da oggi cessa di essere naif ed assume un assetto forteancora in larga parte coperta nel nome dei suoi partner finanziari ed industriali – presentando un’alternativa credibile, una vera e propria sfida alla guida di Cattolica, un confronto dove non si cercherà più un accordo con l’attuale dirigenza, ma una rivoluzione totale. E’ la sfida più grande mai lanciata al regno di Paolo Bedoni. Il piano stand-alone in buona sostanza è questo:

  1. Fine-tuning e rilancio del business danni: mediante la valorizzazione della potenzialità della rete agenziale, valorizzando le opportunità assicurate dalle nuove tecnologie digitali, dall’avvio di percorsi di integrazione e dall’adozione – in via selettiva – di modelli di servizio accentrati e condivisi. Sarà altresì avviata una attenta operazione di selezione bi-direzionale del portafoglio, premiando i comportamenti virtuosi e facilitando il write-off di posizioni non di qualità.
  2. Ristrutturazione del business vita: mediante il lancio di un progetto di gestione proattiva del back-book di Ramo I (eventualmente valutando moderne tecniche riassicurative) e sviluppando un nuovo set di prodotti “capital-light”.
  3. Modernizzazione dell’approccio alla bancassicurazione: più iniziative volte, tra l’altro, ad “assorbire” la rilevante perdita conseguente l’attesa cessazione della partnership con UBI. Nello specifico sarà dato “tutto motore” alla diffusione dell’”offerta protection” su tutte le partnership di bancassicurazione, con ampio beneficio in termini di profittabilità e sarà revisionata per un rilancio di produttività profittevole la partnership con il BancoBPM.
  4. Lancio di una nuova business line direct-to-consumer: saranno messe a terra le – già pronte – capabilites di business e tecnologiche per il lancio di una nuova linea di business “direct to consumer” dedicata alla vendita diretta e allo sviluppo di affinities.
  5. Implementazione di un modello di factory assicurative multispecialistiche: per favorire la specializzazione e la valorizzazione dei talenti, le “fabbriche prodotto” assicurative saranno specializzate per linea di offerta e target di clientela. Nuovo spazio sarà dato alle componenti più innovative quali, tra le altre, l’instant e la micro insurance, eventualmente integrando e levereggiando capabilities dal mercato.
  6. Set-up di una open-platform di partnership industriali-equity verticali e specializzate: a sostegno del patrimonio e del migliore bouquet di servizio per la propria clientela e i propri partner, saranno realizzate una molteplicità di partnership strategiche-industriali-equity con player specializzati in diversi ambiti quali, tra gli altri: la riassicurazione, l’asset management (vita finanziario, vita tradizionale e danni/protection), l’Assistenza, la Tutela Legale, l’Instant/ Micro Insurance e la tecnologia digitale (vita, danni e sistemi di governance).
  7. Efficienza del modello industriale e taglio dei costi improduttivi: profonda e completa revisione del modello di Governo e degli assetti organizzativi. Saranno realizzate le opportune integrazioni tra società non core, valutato l’effettivo apporto di alcune partecipazioni e/o investimenti collaterali nonché azzerate le spese improprie con una riduzione fra il 10% e il 20% . Non a caso, Michele Giangrande, candidato al Cda alla prossima assemblea, stima in quasi 60 milioni€ il costo del Cda e del top management della Compagnia.
  8. Capital Management by design: sarà sottoposto all’organo di vigilanza un bouquet di iniziative e strumenti di patrimonializzazione che tenga in considerazione anche l’evoluzione attuale e prospettica del business ed il rinnovato slancio industriale: capitale, debito ibrido, la dismissione di asset core (es. il venir meno dell’accordo con UBI), la dismissione di asset non-core e specifici trattati di riassicurazione. Saranno sviluppati e perfezionati il modello interno di capitale e, più in generale, un concetto ed una estesa cultura del Rischio e del Capital management “by design”.

Quali sono i risultati attesi del piano? Secondo i promotori del progetto la “nuova Cattolica” raggiungerà: raccolta premi danni a 2,3 miliardi, raccolta vita a 4,1 miliardi (tenendo presente la non auspicata perdita dell’accordo con UBI Banca), raccolta premi complessiva sostanzialmente stabile a 6,4 miliardi; Combined Ratio dei rami danni al 90%; utile netto a oltre 165 milioni (CAGR 17% rispetto al 2019); Solvency Ratio superiore a 180% e, infine, ipotesi di Dividend Payout ratio al 60%.

All’appello mancano però ancora i 500 milioni di euro richiesti dall’Ivass, dove verranno trovati? tre le ipotesi di lavoro: approfondimento della partnership con Vittoria Assicurazioni per una joint venture paritaria; l’intervento di uno (o più) soggetti istituzionali, in primis di Fondazione Cariverona, o di anchor investor di natura industriale, eventualmente in una SpA quotata “spin-offata” dalla cooperativa che manterrebbe il proprio status e la quotazione in borsa; infine, l’intervento preminente, nel capitale della cooperativa, di anchor investors di lungo termine di Verona e della regione del Garda, affiancati – oltre che dalla attuale compagine societaria – da un rilevante gruppo di partner industriali multispecialistici coinvolti come previsto nel Piano Industriale al punto 6. In questo ultimo progetto sarebbero coinvolti anche tutti i soci di UBI, la Banca del territorio lombardo, non allineati con il progetto di fusione di Banca Intesa.