(di Giulio Bendfeldt) Il Corriere della Sera ha appena pubblicato l’ultimo sondaggio Ipsos sul gradimento degli Italiani verso i partiti politici: base del sondaggio mille elettori in tutt’Italia confrontati con le banche dati dei sondaggi svolti dal 23 maggio 2019 ad oggi. Qui le analisi del giornale di via Solferino.
Aggiungiamo qualche riflessione nostra, con una premessa d’obbligo: il 40% degli elettori è ancora indeciso (sta lentamente tornando la voglia di votare o, quanto meno, di rispondere ai sondaggisti) e non è stato ancora sollecitato dalla campagna elettorale per le Regionali di settembre, per le suppletive eventuali (da noi, il collegio che fu del senatore Bertacco) e per il referendum sul taglio dei parlamentari. L’election day pare fatto apposta per sovrapporre volutamente più piani politici, rendendo più complesso il lavoro degli elettori nella cabina elettorale, cercando maliziosamente di spostare il giudizio dalle difficoltà del centrosinistra in molte Regioni al momento positivo per il Conte-bis salvaguardando anche la voglia populista dei 5stellati. A noi preme analizzare al momento la competizione interna al Centrodestra. Nel sondaggio Ipsos manca la Lista Zaia che nel nostro Veneto farà mambassa di voti, sottraendoli a tutti (centrosinistra incluso) ma ovviamente in modo particolare a Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia-Autonomia. Elettori più coinvolti significano un’area di indecisi più ridotta e quindi i prossimi sondaggi saranno più veritieri.
All’inizio della rilevazione, nel maggio del 2019, il Centrodestra unito faceva esattamente il 50% delle preferenze con la Lega indiscussa e solitaria leader della coalizione: di fatto era grande quattro volte più del secondo partito della triade con Giorgia Meloni buon’ultima, con appena il 6.9% dei voti. Da allora la Lega ha raggiunto il suo massimo storico – quasi il 36% una volta avviato il governo giallo-verde – all’interno però di un Centrodestra che ancora beneficiava dell’effetto- traino di Salvini. A distanza di un anno e due mesi il peso di Salvini e della Lega è fortemente ridimensionato – ha perso un terzo dei suoi elettori, toccando il punto più basso della sua traiettoria: oggi quota il 23.1% – mentre è triplicato Fratelli d’Italia, oggi al 18% ad appena lo 0.9% dal M5S, ad un punto e poco più dal PD e siderale rispetto a Forza Italia. Il Centrodestra però è al livello più basso del periodo, ad appena il 48%.
Forza Italia nel medio periodo è passata dall’8.8% al 6.9 ed è tutto da dimostrare che alle Regionali riuscirà a raggiungere persino il quorum. La progressione di Fratelli d’Italia è stata però costante, con un solo momento di caduta al momento del varo del Conte-uno: come se una parte dell’elettorato di destra avesse non gradito il mancato ingresso al governo (ipotesi più scolastica che reale) o volesse sostenere “dall’esterno” un Salvini caratterizzato da temi fortemente di destra.
A chi ha preso di voti Giorgia Meloni? Alla Lega, facile dirlo; molto meno a Forza Italia ; certamente, tanto alle liste e rappresentanze minori che stanno scivolando progressivamente nell’anonimato e che rivedremo, forse e magari sotto altre spoglie, alle prossime elezioni politiche. Sono voti definitivamente in cassaforte? Con 4 indecisi su 10 elettori di sicuro non c’è niente; è più chiaro però su chi bisognerà fare la corsa nel Veneto cogliendo le contraddizioni fra l’ala veneta e quella lombarda; fra gli italexiters e i pragmatici di Zaia; fra chi ammira ancora un Salvini ondivago fra i tweet sulla pasta alla ricotta e i foschi presagi d’autunno e chi, invece, già immagina un cambio della leadership leghista… Zaia vincerà a mani basse e questo rende il Veneto una Regione meno interessante rispetto alla Puglia del confronto serrato Fitto-Emiliano. Ma c’è un elettorato salviniano rimasto a bocca asciutta – e forse perplesso davanti alla parabola del “capitano” – che cerca chi possa rappresentarla con dignità su temi quali l’impresa, il rapporto fra Stato-contribuente e fra Roma e le comunità produttive del Nord, l’autonomia e i diritti tradizionali della libertà d’insegnamento e di difesa della famiglia. Su tre di questi temi, il partito di Giorgia Meloni deve elaborare ora una proposta adeguata, certamente diversa dall’approccio avuto in occasione del referundum di mille giorni fa.