(di Alberto Franchi, Medico veterinario in Verona *) Molte liti condominiali sono dovute a cani che abbaiano dai poggioli. Basta che veda un passante, un altro cane, un gatto e si sente in dovere di avvertire i proprietari abbaiando. Perché? Dipende dal ruolo che il cane percepisce di avere nella famiglia. Un cane, in una famiglia, in una casa, in città non può e non deve assumersi responsabilità di sorta. Non è in grado di fare fronte ai compiti che ne derivano.
Non si trova nel bosco, in un casolare, in una malga, nel qual caso fare la guardia sarebbe uno dei compiti giustamente affidatigli. In città non è il suo ruolo.
Se la famiglia d’appartenenza con una gestione incauta gli conferisce questo ruolo, esso, con grande diligenza ma anche con tutta l’ansia che ne deriva, se ne fa carico. Il cane abbaia sul terrazzino perché si sente in obbligo di difendere il territorio che ritiene suo e di avvisare del passaggio di estranei, giudicati pericolosi. Anche se si tratta di un cane, un gatto o di un innocuo passante che transita in strada quattro o sei piani di sotto. Non si tratta di pericoli incombenti, ma un cane non può realizzare questo concetto, pertanto abbaia!
Zittirlo non serve: il cane riceverebbe una attenzione. Una risposta negativa, ma pur sempre una risposta. La sua azione avrebbe raggiunto lo scopo prefissato: avvisare il dell’approssimarsi di un estraneo.
Punirlo tantomeno: il cane non comprenderebbe la punizione, percepita come un’incoerenza da parte dei proprietari: c’è un pericolo, io faccio il mio dovere di difenderti e tu mi punisci? La cosa migliore è ignorare gli abbai del cane.
Ma per non incorrere nell’irritazione dei vicini è opportuno indurre il cane a non ritenersi in obbligo di “fare la guardia”. Come?
Comportandosi in modo da farlo sentire “un gradito ospite in casa”, senza responsabilità, senza obblighi, permettendogli di vivere una serena vita domestica, priva di ansia.
Il proprietario con una condotta coerente deve affascinare il proprio cane, proponendogli quelle basilari norme di vita e di disciplina che la sua indole stessa richiede, essendo un animale strettamente sociale. Essere un bravo “padrone” non significa sgridare o punire il cane, ma proporsi come il punto di riferimento sul quale fare ricadere ogni fardello di responsabilità, compreso quello di fare la guardia al territorio, alla casa.