(di Gianni De Paoli) Se a causa della crisi molti non vanno in vacanza come gli altri anni, soprattutto lavoratori autonomi, commercianti, artigiani e professionisti che devono recuperare i due mesi di fermo forzato dato dal covid, c‘è un altro dato allarmante che indica come il Veneto, locomotiva economica del paese, stia pagando a caro prezzo la crisi. Crisi che era già in atto prima della pandemia e che ora rischia di mostrare tutti i suoi effetti in maniera dirompente e che va a mettere in discussione bisogni essenziali come è quello della casa. La nostra regione è in testa alla classifica italiana delle case messe all’asta.
Sono i veneti, molto probabilmente perché più degli altri svolgono attività di lavoro autonomo ( partite Iva), gli italiani che vantano il triste primato delle case sequestrate e messe all’asta a causa dell’impossibilità di pagare il mutuo, acceso in momenti sicuramente più felici di quello che stiamo vivendo. I meccanismi son spietati. Se la banca, passati i termini previsti dal contratto del mutuo, non riceve più la quota mensile perché il beneficiario non è in grado di pagarla per le note difficoltà economiche, scatta il sequestro e successivamente la vendita all’asta.
Tutti sappiamo che cosa la casa significhi per ciascuno di noi, non solo da un punto di vista puramente logistico ma anche da quello psicologico. La casa dà sicurezza, è il porto sicuro, è la sede della famiglia, il luogo degli affetti. Perdere la casa è una tragedia. La perdita della casa significa mettere in moto un meccanismo che mina alla base la stessa capacità lavorativa dell’uomo che, persa la sicurezza dell’abitazione, ha sempre maggiori difficoltà a dedicarsi ad altro.
Le richieste ai Servizi Sociali dei comuni sono in aumento. Come stanno crescendo le richieste di case popolari. Tutti segnali che non ci dicono niente di buono per il futuro, specie se provengono dalla regione che dovrebbe essere trainante per l’economia dell’Italia.